di Massimo Testa
Lo Stato è la grande finzione attraverso la quale tutti cercano di vivere alle spalle di tutti gli altri.
(Frédéric Bastiat)
Perché citare la spietata definizione che Bastiat diede, nel lontano 1848, dello stato?
Perché per quanto riguarda unioni civili e matrimoni gay i veri protagonisti non sono le persone che scelgono di vivere insieme, qualsiasi orientamento sessuale abbiano, ma è uno solo: proprio lo stato.
Si richiede infatti che alcune concessioni che lo stato attribuisce alle coppie (eterosessuali) sposate vengano estese anche alle coppie che hanno deciso di non contrarre il matrimonio, così come a quelle gay, che non possono contrarlo per legge.
Vediamo le motivazioni addotte a tale richiesta.
Quelle sulle quali non si può non essere d’accordo riguardano argomenti assai pratici, quali la possibilità di visitare una persona ricoverata in ospedale quanto la banale continuità di un contratto d’affitto, piuttosto che questioni ereditarie.
Queste però sono questioni che attingono alla libertà individuale piuttosto che alla vita di una coppia: ciascuno dovrebbe potere essere visitato da chi desidera visitarlo, così come lasciare in eredità i propri beni a chi vuole, senza limiti di legge; allo stesso tempo, al venir meno di un affittuario non si vede perché il contratto non possa venire intestato a chi in quell’appartamento già vive.
Basterebbe quindi che lo stato lasciasse libere le persone di decidere per se stesse, senza entrare pesantemente nelle loro faccende private non si sa a che titolo.
Il matrimonio è nato ben prima dello stato.
D’altronde, che cos’è il matrimonio come atto pubblico?
E’ un semplice contratto, con il quale due persone prendono obblighi fra loro e verso gli eventuali figli.
Già non ha senso sia lo stato a stabilire gli articoli di questo contratto; la cosa non funziona affatto, e si vede dal fatto che sempre più spesso le coppie stipulano contratti che vanno ad integrarlo a seconda delle proprie esigenze.
Se il matrimonio venisse “destatalizzato”, qualsiasi coppia (etero o gay) potrebbe tranquillamente sottoscrivere un contratto; questo verrebbe stilato da studi e società specializzate, vi sarebbero forme standardizzate come la possibilità di redarne per singoli casi.
Ma cosa accade oggi?
Che lo stato concede alle coppie sposate una serie di particolari privilegi, quali ad esempio possibilità maggiori per accedere all’assegnazione di alloggi pubblici, piuttosto che sgravi fiscali, assegni familiari, congedi dal lavoro ed altro.
Quindi le coppie non coniugate ambiscono ad ottenere le stesse cose, parlando di “uguaglianza davanti alla legge”.
In realtà non è affatto così: l’uguaglianza di fronte alla legge si ottiene eliminando i privilegi, non estendendoli.
Qualcuno può spiegare razionalmente, ad esempio, perché un single dovrebbe, tramite la tassazione, pagare questi benefit ad una coppia?
Ed ecco che torniamo alla frase di Bastiat che apre questa nota.
Certo…i figli (quando ci sono).
Ma qui si pensa che la scelta di avere figli non giustifichi affatto farseli mantenere da altri, tantomeno attraverso le tasse.
Tasse che, se lasciate in tasca ai legittimi proprietari, potrebbero invece determinare la nascita spontanea di vari istituti solidaristici di tipo mutualistico, che non vivrebbero di coercizione fiscale.
In conclusione: accoppiarsi non è un “diritto” ma una scelta, e ognuno è il primo responsabile delle proprie scelte.
La richiesta di ottenere privilegi non ha senso; si dovrebbe richiedere invece di cancellarli considerando che lo stato non è una cornucopia da cui estrarre ricchezza: lo stato non possiede nulla, se non quello che estorce ai contribuenti attraverso l’imposizione fiscale.
Chi scrive quindi rilancia: destatalizzare il matrimonio, cancellazione di ogni favoritismo statale per qualsiasi coppia di conviventi, e che ognuno viva del suo come desidera e con chi desidera senza infilare le mani in tasca al prossimo.
Ps
Rimane il problema “adozioni”.
Ne parleremo in seguito.
Marco
7 Apr 2019Alcuni “piuttosto che” usati male.