MA IL MULINO E’ ANCORA BIANCO?

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di Enrico Galloni

Campagna toscana, estate, il casale sta a mezza costa di una collina dorata dai campi di grano, è una giornata stupenda, il sole è alto ma allo stesso tempo è mattina presto perché la famiglia sta facendo colazione prima di andare chi a scuola e chi al lavoro.
Sono tutti sorridenti e felici, i figli non litigano, nessuno è in ritardo anche se danno la sensazione di abitare a decine di chilometri dalla civiltà ed aver quindi bisogno di almeno un’ora di viaggio per raggiungere i luoghi delle loro attività.
Il papi è vestito da businessman, mi sa che lavora in qualche grattacielo della city a chissà che distanza, probabilmente in garage ha un elicottero.
Considerata la latitudine, l’azimut della stella principale e la stagione deve fare un caldo porco ma nessuno si permette di sudare tanto meno sono innervositi dalla caligine, inzuppano felici e sorridenti saccottini in tazze di cappuccino che sembrano uscite da una pasticceria di Monte Napoleone.
Finita la regale colazione, con calma, si allontanano temporaneamente dal Sacro Mulino per affrontare una gioiosa giornata produttiva.
I cugini di città invece vivono in quattro in un appartamento da 80 metri con un solo bagno.
I ragazzi hanno mezz’ora di metro per arrivare a scuola, come ogni mattina la figlia monopolizza il bagno quaranta minuti e suo fratello strepita picchiando pugni sulla porta minacciando la sorella di ogni genere di tortura.
Il papi è in ritardo, il suo capo tedesco lo aspetta alle 8.30 in punto in albergo per una colazione di lavoro, deve assolutamente andare ma allo stesso tempo vuole uscire di casa assieme ai figli per accertarsi che vadano a scuola in orario, corre di qui e di là cercando di spingere i due mollacchioni a sbrigarsi.
Sua moglie lavora a due passi da casa e può quindi restare a letto più a lungo ma spreca il suo soporifero vantaggio urlando dal letto ordini e consigli contribuendo così ad innervosire ulteriormente la truppa.
All’ultimo minuto i tre si fiondano fuori sbattendo la porta e corrono giù per le scale lasciando l’appartamento disordinato ed improvvisamente silenzioso.
L’antenato di entrambe le famiglie nel pleistocene si era accoppiato con una smorfiosa che si lamentava sempre quando lui voleva fare sesso, di conseguenza il fattaccio non accadeva quasi mai.
Il cavernicolo sopportò la situazione per un po’ di tempo poi ebbe un’illuminazione: con un colpo di clava si liberò della piattola, trovò una ragazza più giovane e bella che si accoppiava con passione, l’effetto collaterale fu che iniziarono a riprodursi come conigli dando inizio alla stirpe descritta sopra sino a quando la vita familiare iniziò a non apparire più così idilliaca e lui preferì passare mesi a caccia nelle foreste pur di non sopportare tutta quella marmaglia.
Piccola serie di stereotipi di famiglia, si potrebbe proseguire con mille sfaccettature, l’esercizio mi viene suggerito ovviamente dal continuo discutere di famiglia che mi perseguita in questi giorni.
La grande domanda è: a quale di questi cliché fanno riferimento nel loro immaginario i cultori della famiglia tradizionale?
Temo proprio che si tratti della prima: la più inverosimile.
Non ditemi che ho il gusto del grottesco, garantisco che mi basterebbe passare meno di 24 ore con la vostra di famiglia per scrivere senza grandi difficoltà qualcosa di analogo, la verità è che la normalità non esiste e ciascuno di noi ha aspetti di cui andare orgoglioso corredati da una serie di piccole manie che, se guardate da fuori, possono facilmente volgere al ridicolo.
Che dire dei figli? Tempo fa una nota casa automobilistica aveva prodotto uno spot geniale: un ragazzo appena maggiorenne usciva di casa ed una voce fuori campo lo ammoniva: “hai gli occhi di tua madre, il mento di tuo padre, i capelli della nonna e l’ombrello di tua sorella…almeno l’auto l’hai scelta tu!”
Lo spot non è banale come sembra: ogni individuo nasce con un patrimonio genetico e riceve un imprinting educativo, entrambe le cose rappresentano una non richiesta influenza familiare… se ha un po’ di carattere il nostro eroe passerà la vita lottando per affermare la propria individualità a volte grazie spesso contro o nonostante il patrimonio genetico educativo…qualunque sia la famiglia di provenienza.
Una definizione un po’ estrema? Sono settimane che mi sfracellate la pazienza trinciando giudizi su che tipo di compagnia è necessaria ad un bambino!
Non vi è alcun gesto d’amore in una nascita bensì egoismo: nessun bambino attendeva chissà dove sperando che i suoi genitori lo facessero nascere liberandolo dal limbo, al contrario un bambino nasce, nella migliore delle ipotesi, in quanto due adulti ne sentivano il bisogno oppure per errore, non ci sono altri modi.
Contro la sua volontà il nascituro erediterà un patrimonio genetico che potrebbe essere la sua fortuna o disgrazia, oltre a ciò fino a quando non sarà indipendente economicamente sarà legato a doppio filo alle vicissitudini della famiglia nel bene e nel male.
Come reagirà a queste esperienze non è affatto deterministico, dipende dal suo carattere, dalla sua intelligenza, dall’esperienza che è riuscito ad accumulare prima di ogni evento.
Se esistesse un algoritmo per realizzare figli perfettamente equilibrati, i ragazzi sarebbero tutti uguali ed il mondo una palla pazzesca.
Che gli piaccia oppure no qualunque bambino in qualunque famiglia sarà costretto a subire gli esempi familiari (non sempre edificanti), la volontà dei genitori ad educarlo e quindi ad imporgli presunti valori, comportamenti, precetti, come si possa sentenziare che tutto ciò funzioni alla perfezione semplicemente perché ci sono un papà ed una mamma onestamente mi sfugge.
Come padre cerco di tenere sempre ben chiaro che i figli non sono “miei”, che sono individui con loro interessi, aspirazioni, idee ed anche tendenze sessuali.
Il mio mestiere assomiglia più a quello di un coach, sono responsabile di farli ragionare sulla loro vita, il loro futuro, la loro relazione con il mondo ed aiutarli a costruire la strada per diventare individui indipendenti e liberi.
Of course, un po’ di esempio non guasta ma resta poi sempre a loro la decisione su che uso farne.
Onestamente questa convinzione che serva una famiglia fatta in un certo modo per ottenere figli “a posto” mi sembra estremamente irrispettosa proprio dell’individualità dei bambini.
Così come evidenziato dalla pubblicità già a partire dalla ricerca delle somiglianze fisiche con gli avi si denota un sentimento di proprietà nei confronti dei pargoli, mentalità che evolverà poi con il desiderio che il ragazzo giochi bene a golf come il padre vada a donne come il nonno ma parli il latino come la mamma…tutto già preordinato compresa la probabile delusione quando si scoprirà che il ragazzo odia lo sport ed il latino e con le ragazze è timidissimo.
Non voglio scadere negli stereotipi tanto quanto i seguaci della natura ma una cosa per me è chiara: la famiglia ideale per dei bambini è quella che li rispetta per ciò che sono, amarli significa lavorare assieme a loro affinché crescano individui liberi e trovino la loro strada, non mi importa che tipo di famiglia sia in grado di garantire questo percorso di crescita.
Il mestiere dell’uomo da sempre è essere contro natura, il progetto originale ci dava una vita media di trent’anni, è stravolgendo con il nostro ingegno le regole del gioco che abbiamo migliorato le condizioni di vita, se volete vedere del resto cosa succede ai paesi che rifiutano l’innovazione e la libertà cercando di imporre uno stile di vita secondo i sacri dettami basta buttare uno sguardo all’altro lato del mediterraneo.
Nel 2016 vedo il sacro mulino un po’ sbiadito ed osservo attonito il paese discutere animatamente del nulla.
Non sono un esperto in sociologia o in puericultura (e si vede direte voi) quello che so è che non mi state piacendo per un c….

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