di Roberto Bolzan
Da quando abbiamo iniziato questa rubrica siamo afflitti dal senso del dovere e con la ricorrenza del disastro di Ustica abbiamo risposto al richiamo. Non potevamo non rispondere. Sapevamo a cosa andavamo incontro e, bisogna dirlo, a volte la realtà rivela possibilità inaspettate di stupore. Mai porsi dei limiti, saranno sempre superati.
Le vittime dell’aereo precipitato il 27 giugno 1980 a Ustica sono 81. Tra di esse c’è la piccola figlia della giornalista Roberta Bellodi. Il film stravolge inutilmente e crudelmente la verità assegnatole una madre giornalista (non vero) ed un padre mafioso (non vero). Il padre, essendo siciliano e quindi mafioso, veste un doppiopetto gessato a righe e dice alla madre: non doveva essere su quel volo. Ne porterai il rimorso per tutta la vita. E se ne va seguito dai guardaspalle.
La sintesi del film è tutta qui, tra invenzioni narrative crudeli ed inutili, pregiudizi infantili, cattivi dialoghi e voci sussurrate (tutto il film è sussurrato, tranne i militari che gridano sempre ed i deputati che digrignano i denti, crudeli).
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