Per secoli, dopo la sua scoperta dalle Americhe, il pomodoro è stato considerato come una pianta ornamentale. Ora tutto il mondo ne apprezza il sapore, il colore e, più di recente, le straordinarie virtù salutari e gastronomiche. Il nome originario in lingua Azteca “tomatl” viene trasformato in “tomato ” nelle lingue inglesi ed europee fino ad arrivare al termine tomatica in alcuni dialetti, tra cui quello piemontese. La parola pomodoro invece deriva dal francese “pomme d’or” che i francesi avevano dato a questi frutti, che addirittura qualcuno ribattezzò “pomme d’amour” attribuendogli proprietà afrodisiache. La pianta del pomodoro è originaria dell’America centro meridionale. È stata portata in Europa dai conquistatori spagnoli. Ma mentre nei territori di origine è sempre stato considerato un alimento importante nella dieta di quei popoli, insieme al mais e ai tuberi, in Europa, inizialmente, non ebbe alcun successo, in cucina. Appartenendo alla famiglia delle solanacee – come la mandragola e la belladonna, reputate tossiche per la presenza di alcaloidi – anche il pomodoro fu ritenuto velenoso, e per questo coltivato come pianta ornamentale o come curiosità.
Anche in Nord America vi fu una certa inerzia al suo consumo, quando vi fu riportato dai coloni europei, e si racconta che fu sdoganato da un certo Robert Gibbon Johnson il quale di fronte ad una folla prevenuta ne mangiò uno senza morire avvelenato, sui gradini del palazzo di giustizia di Salem nel Massachussets, nel 1820. In realtà nel pomodoro l’alcaloide – la licopersicina – è presente nelle foglie e nel frutto verde, ma si degrada in composti inermi quando il frutto è maturo e diviene quindi buono e commestibile. Però, la convinzione che fosse nocivo alla salute persistette a lungo e bisogna aspettare il 1700 per vedere questo frutto comparire in diverse ricette. Le prime segnalazioni di “pasta al pomodoro” risalgono al 1839, di pari passo con la pizza.