Sabato scorso parlavamo di vagoni piombati che attraversavano la Germania orientale e trasportavano profughi dall’Est diretti a Ovest verso la libertà, specchio e nemesi di quello che nel ’17 portò Lenin da Zurigo a Sassnitz, nell’isola di Rügen, per imbarcarsi per la Finlandia a poi la Russia.
Il Kaiser permise questo viaggio nella speranza di inoculare il virus del comunismo nel già disfatto impero zarista ma pretese che il contagio non si diffondesse nella Germania presa essa stessa dalle convulsioni rivoluzionarie.
Cassandra crossing racconta di due terroristi che penetrano in un laboratorio di Ginevra nel quale i servizi segreti americani stanno conducendo esperimenti sulle armi batteriologiche e rimangono contaminati da un terribile virus. Uno muore mentre l’altro attentatore riesce a nascondersi su un treno in partenza per Stoccolma e, suo malgrado, comincia a diffondere il contagio tra i passeggeri. Il colonnello Mackenzie ordina il dirottamento del treno in Polonia, verso il vecchio ponte in disuso “Cassandra Crossing”: l’inevitabile crollo verrebbe imputato ad un fatale errore umano e insieme al convoglio scomparirebbe ogni prova a carico degli americani. Ma sul treno, il dottor Chamberlain ha intuito quanto sta accadendo e, mentre i vagoni vengono piombati e tra i passeggeri si scatena il panico, pensa al modo di fermare il viaggio della morte.
Corredato di un cast di tutto rispetto (oggi si direbbe stellare) con Ava Gardner, Martin Sheen, Richard Harris, Burt Lancaster, Lee Strasberg, Alida Valli, O.J. Simpson, Renzo Palmer sui quali spicca Sophia Loren nella parte di moglie del produttore, il film soffre un po’ la mancanza di polso del regista, per la quale mancanza le star agiscono in modo brado, perdendosi in una miriade di storie personali poco necessarie all’intreccio ma utili a coltivare l’ego personale. Allora usava.
Ma la storia è veramente potente e, anche stirata in lungo, ha colpito all’epoca il pubblico ed è vedibile anche oggi.
A metà del film le porte del treno vengono saldate durante una sosta notturna alla luce delle fotoelettrico e nessuno più scappare. Inizia il viaggio verso il ponte che dovrà cadere. Impressionante e, per certi versi, ancor oggi insuperato.
Rimane anche il fatto della produzione italiana, quando Cinecittà era capace di fare film e l’Italia una nazione produttiva e con delle idee.