
di Roberto Bolzan
Abbiamo colpevolmente tardato a vedere questo film. Rimediamo oggi, dopo l’Oscar e presi dal dibattito sul politicamente corretto.
Diciamo subito che la pellicola è bellissima e colorata.
T’Challa (Chadwick Boseman) nuovo re del Wakanda, ritorna in patria per guidare il paese. Il peso della corona crea dubbi sul precedente regno del padre, se sia ancora giusto nascondere la loro realtà di paese tecnologicamente più avanzato sul globo o far credere di essere un paese del terzo mondo.
La sua ex fiamma vorrebbe poter aiutare tutti i bisognosi con le tecnologie mediche e scientifiche in loro possesso, mentre altri pretendenti al trono come Erik Killmonger (Micheal B. Jordan) vorrebbero usare questa potenza per armare tutti i neri del mondo e mettere a ferro e fuoco il globo.
Sarà guerra totale e rituale.
Vincerà T’Challa che alla fine , tornerà nel Brox a comperare tutto il quartiere di origine per conservarlo come patrimonio Wakanda.
Ricordiamo il mito del Prete Gianni e non possiamo non pensare al Re dei Re e Sovrano dei sovrani di un regno immenso. Definendosi «signore delle tre Indie», diceva di vivere in un immenso palazzo fatto di gemme, cementate con l’oro e aveva, ogni giorno, non meno di diecimila invitati alla propria mensa. Sette re, sessantadue duchi e trecentosessantacinque conti gli facevano da camerieri. Le Amazzoni gli fornivano protezione quando la richiedeva.
Ad essere materializzata è infatti la fantasia africana più classica e segreta: che esista uno stato nascosto nel cuore del continente, pienamente in linea con le sue tradizioni, molto potente, tecnologicamente avanzato, anzi il più avanzato al mondo, capace di dare la vita eterna ed ogni genere di meraviglie favolose.
Questo é senza dubbio il film di cui c’era bisogno, quello giusto al momento giusto. Black Panther è scritto e diretto magnificamente, con la migliore azione sulla piazza e capolavori di computer grafica e coreografia.
Rimane por noi il dramma di capire se sia un tributo al politicamente corretto. Bene, possiamo dire molto sinceramente che non gliene frega un gran che. Le lagne sono lasciate a Green book, dove il musicista nero suona Chopin considerando il jazz come musica da negri. Qui siamo oltre, siamo alla vitalità colorata dell’Africa nera, ai riti della giovinezza dell’uomo, al Re del mondo che incarna la funzione regale con quella guerriere e con la giustizia. Circondato da guerriere favolose e bellissime, re assoluto e primordiale, in possesso della conoscenza e della verità, niente ha da imparare dall’occidente bianco, nulla da dare e nulla da avere. Tant’è che prima di parlare alla Nazioni unite per portare la cura ai mali del mondo si premura di comperare un pezzo di New York perché non si pensi che è uno straccione.