“La caduta dell’impero americano” di Denys Arcand (2019)

Fatale fu l’attrazione che abbiamo per Montreal (motivo per cui non ci perdiamo un solo romanzo di Kahty Reichs) e la speranza di vedere qualche scorcio di una città che amiamo molto. Per cui, senza esitazioni, abbiamo abboccato al richiamo e, in dispregio a giuramenti più volte espressi, abbiamo visto un film di classificazione “francese”.

I film francesi sono particolarmente detestabili perché basati fondamentalmente sulla chiacchiera continua. I personaggi, quando ci sono, sono enfatici e montati, le azioni, quando ci sono, sono didascaliche a corredo delle chiacchiere, l’intreccio, quando c’è, è confuso e montato a chiacchiere. Su tutto domina una chiacchiera interminabile, leziosa, seriosa, noiosa e ammorbante.

Ma ci siamo cascati.

Il sermone racconta la storia di un fattorino che assiste ad una rapina finita male che gli permette di imboscarsi un paio di borse piene di dollari. Può finalmente cambiare vita.
Lo spunto è classico e ha dato vita a film più appassionanti. Ma a Denys Arcand – canadese francofono, gli intellettuali più noiosi dell’universo – interessano la morale e le opere buone, non il thriller.
Per cui fa rientrare nella trama il di tutto e il di più, senza ritegno e senza misura: il mondo della prostituzione, con una escort di extralusso che s’innamora perdutamente dei suoi buoni sentimenti, i poveri e i barboni, le banche, Blair, Berlusconi e Sarkozy (novità fuori tempo, poverino), la grande finanza, i paradisi fiscali, la Svizzera, le organizzazioni umanitarie, i politici ladri, i nativi Inuit.

In un orrido mescolone senza capo né coda la denuncia universale prende il sopravvento sulla trama e non c’è sequenza che non condanni qualcosa.
Il protagonista, d’altra parte, è laureato in filosofia e quindi si presume ne sappia, di cosa nel mondo vada storto.

Tra un capobanda pentito che per redimersi dalla galera si laurea in economia aziendale senza reali prospettive di lavoro (ma davvero?), banchieri di altissimo livello che spiattellano tutti i trucchi per riciclare il danaro spedendolo di qua e di là tramite bonifico, viceministri che corrono a lavare il frutto dei loro traffici rispondendo ad un annuncio sul giornale, il film invece di diventare surreale diventa di una seriosità incredibile finché, compreso e compìto, mostra che alla fine si trovano tutti, escort extraschianto compresa, a servire sbobba ai poveri di Montreal. Con le tasche piene di soldi rubati, ovviamente.

Un predicozzo imbottito di tanta roba che sarebbe sufficiente per Pasqua, Natale e Capodanno. Troppo per le nostre forze.

 

“La caduta dell’impero americano” di Denys Arcand (2019)

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