“2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick (1968)

Nel nostro intimo abbiamo silenziosamente giurato di non parlare mai di quest’opera, in parte per il tremore reverenziale che ci prende quando abbiamo a che fare con Kubrick, ma soprattutto perché cosa si può aggiungere che non sia già stato detto?

Ma ieri si celebrava il primo passo umano sulla Luna e Kubrick veniva tirato dentro per i capelli, quindi osiamo.

Alle origini dell’uomo un misterioso monolito compare sulla Terra tra le scimmie. La sua presenza attiva l’intelligenza dei primati che comprendono l’uso delle ossa degli animali uccisi quali prolungamenti delle loro braccia e iniziano ad usarle per cacciare e per combattersi
2001. Sulla Luna è stato trovato un monolite che improvvisamente lancia un segnale indirizzato verso Giove.
Diciotto mesi dopo l’astronave Discovery si dirige verso il pianeta. A bordo si trovano due astronauti, Frank e David, tre ricercatori ibernati e il computer della nuova generazione, HAL 9000, in grado di controllare il funzionamento di tutta l’astronave, nonché di dialogare con gli astronauti. L’infallibile computer segnala un guasto in uno degli elementi esterni dell’astronave ma il pezzo risulta essere funzionante.
I due astronauti decidono di disattivare HAL che però capisce le loro intenzioni, uccide Frank e tanta di impedire a David di rientrare.
David completa il piano disattivando la memoria di HAL. A quel punto apprende il vero scopo della missione (raggiungere Giove per scoprire il mistero del monolite). Una volte arrivato sul pianeta morirà per rinascere a una nuova vita più avanzata. 

Dichiariamo subito la nostra predilezione per Barry Lyndon, l’opera immensa nella la quale Kubrick apre e chiude il ‘700, indicando in questo secolo l’origine del mondo e della scienza moderni. Non casualmente, tra l’altro, David, l’arciere, Ulisse insomma, viene fatto morire e rinascere in una stanza arredata in stile impero, appena appena iniziato l’800, appena finito il secolo dei lumi.

Ma Odissea nello spazio è altro che un film. E’ un saggio filosofico per immagini.

Tutto nel film ha il segno del genio e a distanza di 50 anni rimane valido, attuale, inimitato e unico, proprio come, per restare in tema, le passeggiate umane sulla Luna, mai più ripetute perché inimitabili.  Se ne faranno altre ma sono altra cosa. Si sono fatti altri film sullo spazio ma sono altra cosa.

Il genio sta nelle musiche, niente di nuovo, musiche esistenti, che rimangono però attaccate alle immagini e ne vengono influenzate finché non si può più ascoltare il bel Danubio blu senza vedere la danza delle astronavi e i cori di Ligeti senza immaginarci mentalmente la nascita dell’uomo.

Il genio sta nella rappresentazione tecnologica, maniacalmente accurata, che fa a sfondo a umani completamente disumanizzati e a una mente artificiale invece umanissima, crudele e assassina e paurosa di morire (gli umani muoiono in modo tecnologico oppure non muoiono affatto perché rinascono e quindi la morte è in realtà trasformazione, HAL 9000 muore soffrendo. HAL 9000 è l’unico vero attore del film, gli umani sono meccanici. E l’unico attore del film è incorporeo, ha solo la voce e questa voce è l’unico sentimento umano in un film fatto di immagini).

Il genio sta nel non dare un significato alla storia. La trama, pur semplice, rimane inesplicata. Solo immagini e simboli e ciascuno ne trae quel che crede.

Odissea nello spazio è un’opera visionaria che immagina l’inimmaginabile, aperta a chiavi di lettura multiple o a nessuna lettura.

E’ anche un film di ossimori: la glacialità delle immagini a rappresentare il sentimento e l’amore cosmico; la rotondità del valzer associata alla linearità della storia umana; le macchine umane, appunto, e gli uomini comparse insignificanti.

Si potrebbe proseguire per ore nell’analisi del film e dei suoi significati ma anche di questo ringraziamo Kubrick, di renderci inutile il farlo. I film parlano da sé e nemmeno gli autori nella gran parte dei casi sono in grado di spiegarne il significato, altrimenti sarebbero critici, romanzieri, saggisti o filosofi.  

Il film va visto e goduto così. Chi l’avesse già visto lo riveda, ritroverà lo stesso incanto della prima visione.

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