di Roberto Bolzan
Che l’uomo sia o non sia andato sulla Luna, diciamocelo, è del tutto insignificante. Cioè, chi se ne frega, alla fin fine.
La quantità di chiacchiere e di ipotesi che si sono fatte su questo è di gran lunga più appassionante. Volete mettere? da una parte un’operazione certo ardita ma tutto sommato oggi replicabile senza tanti problemi, non più meravigliosa ed incredibile come all’epoca; dall’altra la produzione intellettuale nel cercare di dimostrare la fattibilità di un falso così impegnativo.
Nel film, intelligentemente, il tema è messo subito sul tavolo: come facciamo a nascondere la truffa? “Semplice” gli rispondono “come hanno fatto gli egiziani per nascondere l’ingresso delle piramidi”. L’agente segreto capisce quindi che alla fine sarà eliminato per chiudergli la bocca e deglutisce, nervoso.
Alla vigilia del lancio dell’Apollo 11 il comando americano metta in cantiere un finto sbarco da studio da mandare in onda in mondovisione se le cose dovessero mettersi male lassù.
Il piano viene affidato a un agente della Cia, Kidman (Ron Perlman), che ha combattuto in Vietnam e che ora dovrà volare a Londra per convincere Stanley Kubrick in persona (artefice dopo tutto di un’opera “dove non si capisce nulla, eppure straordinaria” – 2001: Odissea nello spazio) a girare il finto sbarco sulla Luna. In cambio una valigia piena di soldi.
Ovviamente lo stolido 007 americano farà confusione, consegnando la valigetta e l’incarico a un manager musicale squattrinato e al suo amico fattone, che a loro volta se la faranno soffiare da sotto il naso da un malavitoso e la sua gang.
Costretti a girare il film i tre scovano un cineasta dilettante e sperimentale che vive in una comune e insieme organizzano lo stage per le riprese, che si svolgono tra oppio, acidi lisergici, funghetti allucinogeni e atmosfere di fattanza generale, ma anche di mattanza quando interverrà la gang che vuole riprendersi la valigetta con i soldi e si scontra con gli agenti della CIA intervenuti per controllare la missione.
In un finale convulso e ricco di azione in qualche modo l’opera si compie ma i nostri, coinvolti fino al collo in una storia che avrebbe dovuto restare ‘top secret, scappano di nascosto e riparano in Spagna dove assisteranno alla televisione alle scene dell’allunaggio. Oppure del presunto allunaggio. Non si sa. Moonwalkers lascia la porta aperta.
La commistione di nazionalità e ispirazioni funziona. Lo script di Dean Craig (Funeral Party) è preciso, incastrando per bene ogni dettaglio e facendo scaturire l’umorismo dalle situazioni come meglio non si potrebbe, senza mai perdere l’orientamento. Merito anche del regista che non permette che gli attori abbiano la meglio sulla storia.
L’ambientazione sixties è meravigliosamente introdotta da psichedelici titoli di testa e riprende con ironia temi da Arancia meccanica, la fotografia, le musiche ed i costumi sono perfetti. La scrittura è furba e tiene sempre, fino al finale più giusto possibile.
E’ l’uomo andato sulla Luna o no? La domanda è diventata stucchevole e la risposta, qualunque sia, è insulsa. Quel che conta è rimanere liberi di ironizzare sulla verità. Che non esiste.