di Roberto Bolzan
Vediamo per per caso durante le nostre vacanze il cartello stradale per Loudun e non possiamo che fare una piccola deviazione per vedere questa cittadina, nota per il più importante caso di possessione demoniaca della storia d’Europa.
Abbiamo infatti il ricordo chiaro dell’epoca della prima proiezione di questo film e dei tremendi articoli che ne accompagnarono l’uscita.
Nella Francia cattolica del XVII secolo la cittadina di Loudun, sebbene piagata dalla peste, è un’oasi di pace religiosa (parliamo di convivenza tra cattolici e ugonotti, calvinisti); il re Luigi XIII ha concesso alla città di autogestirsi e di fortificarsi con alte e simboliche mura. L’abate Urban Grandier (Oliver Reed), capo spirituale e carismatico della cittadina fortificata e protestante di Loudun, difende la sua città dalle mire del Cardinale Richielieu che manipolando il debosciato Luigi XIII (Graham Armitage), ordina la distruzione di tutte le fortificazioni che ostacolano il consolidarsi del suo potere.
La vita dissoluta del prete sarà però sfruttata dal barone De Laubardemont, inviato del cardinale per liberarsene e grazie al padre esorcista Barré e la confessione di suor Giovanna degli Angeli (Vanessa Redgrave), madre superiora nel locale convento delle Orsoline che in preda a fantasie erotiche e delirio allucinato, dopo averlo scoperto sposato con Madeleine (Gemma Jones), dichiara posseduta da lui, per accusarlo di stregoneria, condannarlo al rogo e distruggere Loudun.
E’ il 1971 e di questa storia blasfema, torbida e crudele tratta dal romanzo di Huxley e dall’opera teatrale che ne deriva, il futuro regista di Tommy e Lisztomania fa un capolavoro barocco e allucinato. Le scene della superiora che fa lo spider walk in mezzo alla cattedrale o che bacia voluttuosamente l’estremità a forma di testicoli di un osso bruciato di Grandier, per poi usarlo per masturbarsi, che si pugnala una mano con un crocefisso per poi leccarsi la piaga, le scene di possessione delle suore ed infine quelle della tortura e del rogo di Grandier turbano fortemente il pubblico di quegli anni e provocano il sequestro del film che intanto stava avendo un successo immenso.
La storia delle vicende giudiziarie de film, tra sequestri e dissequestri, tagli e riduzioni, è talmente singolare da farne un esempio unico nella storia del cinema, tant’è che a tutt’oggi è ancora impossibile vedere l’opera nella versione integrale, benché le parti tagliate abbiano perso gran parte della carica dissacratori che all’epoca certamente possedevano.
I Diavoli, a dispetto del titolo, è un film laico. Il maligno che impregna le menti delle suore è semplicemente una loro creazione, data dall’alienazione e dalla mancanza di sesso. Il maligno che obnubila i personaggi politici della storia è semplicemente la fame di potere. Il popolo è mosso dalla paura del potere terreno. Tutti istitinti primordiali e incontrollabili. Per contro, il donnaiolo Grandier, vanesio e gaudente ma intimamente coerente con la sua fede, è l’unico personaggio sano di mente; la sua personalità è complessa e la sua lucidità rimane fino alla fine quando sul rogo grida ancora ai suoi concittadini di guardarsi da quel che sta per accadere. Ma, ovviamente, invano.
Pregevolissimo il lavoro dello scenografo. Derek Jarman disegnò interamente la cittadina irta di spesse mura difensive, lasciandosi ispirare dai libri di Ledoux e Boulée, dalla illustrazione sulle carceri di Piranesi e dai bianco accecanti dei film di Dreyer e dalle vedute futuristiche di Lang.
Da vedere questa piccola chicca, al minuto 39:10.
La piazza principale della città di Loudun è oggi intitolata a Urban Grandier.