Per i cinefili c’è un periodo dell’anno veramente importante, e non sto parlando di Cannes ma di Halloween. E’ un periodo di grandi attese che termina con qualche gioia e inevitabilmente tanti dolori, Questo almeno a partire da esattamente 40 anni fa quando un quasi sconosciuto Carpenter (benché avesse già girato un capolavoro come Precinct 13) ha prodotto con niente (300.000 dollari) e in 20 giorni il capostipite Halloween.
Non faremo come una nostra illustre collega che recensisce il film parlando solo di quello di Carpenter. Non ci sottraiamo mai alla necessità della cronaca, per quanto siano a volte tristi doveri. Certo che la tentazione è forte.
Il seguito di Halloween 1978 ricalca, infatti, per lo più fedelmente che più fedelmente non si può la storia originale. Non la raccontiamo, è un classico ormai della cultura popolare.
Fatto sta che i tempi passano, che le opere perfette non possono facilmente essere affrontate con successo e che forse i remake che sono stati fatti in questi anni, per quanto modesti, almeno avevano la giocosa irrequietezza di chi non si pone grandi obiettivi e può essere consumato senza tante riflessioni. Questo invece ha Jamie Lee Curtis nel seguito del ruolo che l’ha resa famosa all’epoca. Dobbiamo necessariamente considerarlo roba seria.
La nostra è infatti molto brava ed anche coraggiosa a mostrare i segni del tempo nel suo corpo invecchiato, così come il film mostra abbondantemente la mancanza di freschezza che l’epoca ed un tale impegno comporta, soprattutto quando non si hanno vere idee e si trema di fronte all’immensità del compito che si è incautamente affrontato.
Il film è più una riflessione sull’autunno del tempo che passa e lascia i suoi segni, con qualche ironico siparietto dove si fa la parodia del politicamente corretto, forse tutto sommato le parti più gradite.