SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “La battaglia di Hacksaw Ridge” di Mel Gibson (2016)

di Roberto Bolzan 

I mean, if it walks like a duck, quacks like a duck... Abbiamo sempre la stella polare del poeta James W. Riley che, grazie a questa frase, andrebbe iscritto nell’albo dei massimi filosofi. Il test dell’anatra: quando vedo un uccello che cammina come un’anatra e nuota come un’anatra e starnazza come un’anatra, chiamo quell’uccello “anatra” .
Con questo fermo principio gnoseologico siamo andati a vedere l’ultima opera di Mel Gibson e, con in mente il detto pane al pane e vino al vino, ve ne parleremo con franchezza.

La trama, innanzitutto. 1942, il giovane Desmond Doss (Andrew Garfield), obiettore di coscienza per motivi religiosi e figlio di un veterano della prima guerra mondiale, decide di arruolarsi per servire il proprio paese. Dopo un addestramento duro e a tratti umiliante, viene ufficialmente designato come soccorritore nella cruenta battaglia di Okinawa. Senza mai imbracciare un’arma, Doss dimostrerà a tutti di essere un grandissimo eroe salvando la vita a 75 uomini e diventando il primo obiettore insignito della medaglia d’onore del congresso, la più alta onorificenza militare americana.

Rimarchiamo questo, nel film: i musi gialli sono scimmie, anzi vivono come topi nelle fogne. in un tunnel sotterraneo. Sono crudeli e spietati. E stupidi, terribilmente stupidi.Traditori ed infidi, fanno finta di arrendersi ma poi lanciano perfidamente bombe a mano a tradimento. Sciamano come insetti sul campo di battaglia, come scarafaggi che escono dalla fogna e sono incuranti delle perdite, muoiono a migliaia senza che gli dia alcun fastidio.
E’ dai tempi di Soldato blu (1970) che al nemico è stata data un’identità ed il rispetto. Quarantasei anni dopo, è abbastanza straniante vedere un film che riprende gli stilemi dei film di guerra di cui abbiamo perso armai la memoria. Ci chiediamo perché, e non troviamo risposta: non è una parodia, non è un remake, non si capisce davvero perché. Sospettiamo che sia qualcosa nell’animo del regista,  ma potrebbe essere semplicemente sciatteria. Speriamo.

E dobbiamo dice che alla centesima immagine dell’ennesimo soldato con le gambe maciullato e ridotte ad un gomitolo sanguinoso e filaccioso di carne (ricordavano le vignette delle Sturmtruppen) ci stavamo veramente annoiando. Copiare lo Spielberg dello sbarco in Normandia non è un gioco da ragazzi e se lo si fa meccanicamente, senza vere idee e tanti ralenti, la noia incombe presto. Così come, all’inizio, le sfuriate del sergente Howell avrebbero richiesto una mano che, copiando Kubrick, non può e non deve mancare. Se copio dai grandi devo essere all’altezza.

Non si può raccontare la guerra se non la si ama e non la si rispetta. E’ qui che diciamo che l’animale che fa quak quak è un’anatra e che questo è un film di guerra. Niente a che fare con il pacifismo (e per fortuna, vorremmo dire). Doss non rifiuta la guerra, rifiuta il gesto di premere il grilletto ma accetta della guerra tutto quello che rappresenta, sterminio dei musi gialli incluso. Vent’anni dopo la generazione del Vietnam rifiuterà la guerra strappando le cartoline di precetto e finendo rumorosamente in galera. Doss è lontano da questo. La religione gli vieta di toccare un fucile ma non di partecipare al grande massacro, gli basta che a peccare sianogli altri. Con estremo sprezzo del ridicolo, alla fine viene mostrato toccare si il fucile, ma solo e unicamente per trascinare il sergente ferito verso la salvezza. Lui, nel frattempo, grazie a questa comoda portantina, rat ta ta ta ta!, fa fuori un intero reparto di musi gialli miagolanti. Mai si è visto qualcuno salvarsi l’anima con sofismi più sottili. Ma è pacifista, e punta all’Oscar e, non bastasse, Gibson lo fa pure vegetariano. Vedremo stasera (serata degli Oscar) se avrà funzionato, e temiamo di si.

Parliamo anche della violenza. Nella Passione di Cristo il corpo martoriato ha un senso: dato Dio che si è fatto uomo e soffre come un uomo, portare il corpo di Cristo sullo schermo e mostrare la valenza estrema che ha subito nell martirio ha un profondissimo senso artistico. Non in questo film. Qui la violenza è stereotipata, il dolore, la morte ed il massacro sono fumettistici, la ricerca dell’effetto ha la prevalenza su tutto. Il godimento è massimo quando sparano i cannoni della nave al largo, come canne d’organo a suonare una sinfonia di morte, una meravigliosa sinfonia.

Questo non è un film pacifista, ammesso che un film che rappresenta la guerra possa esserlo. E’ un film che la guerra la maltratta e la banalizza, e per questo pericoloso. Un film insensato, inutilmente scorretto, brutale e noioso.

 

 

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