Di Nicola Onnis
La missione del buon politico sarebbe secondo molti quella di agevolare egualità di condizioni di vita al cittadino elettore. Gli strumenti atti allo scopo sono presto identificabili. Prima, la redistribuzione dei redditi. Si sa, secondo il comune pensare, se esageri a guadagnare c’è sempre qualcosa di imperfetto nel tuo modo di fare impresa, oppure la dea bendata ti ha fraudolentemente sbirciato e individuato da sotto la benda. Qui appunto entra in gioco il politico che attraverso la tassazione dei redditi promette di fornire beni e servizi primari che i cittadini più onesti e sfortunati non riuscirebbero a procacciare autonomamente. Va detto che col tempo la lista di beni e servizi primari si fa sempre più lunga. In questa sorta di baratto tra l’ elettore e l’ eletto fa leva la difficoltà del cittadino a sottoporsi ad una seria autocritica. Che questo sia stato nei fatti più o meno onesto e fortunato, egli sarà spesso convinto di meritarsi una vita più agiata a spese di terzi più disonesti e fortunati di lui. Il politico dal canto suo ha buon gioco nell’ evitare che le tenaglie fiscali della redistribuzione si accaniscano contro il suo reddito medesimo. Egli infatti gode di un ottimo stipendio netto che lo affranca da tutta una serie di doveri burocratici, organizzativi e persino di coscienza e rischio. È dovere del suo datore di lavoro pagare per lui le imposte sul reddito, quindi niente contabilità da tenere e commissioni nei vari uffici. Sarà il suo datore di lavoro ad accantonare i fondi pensionistici e, qui viene il bello, non se ne deve proprio preoccupare perché, se il suo datore, chiamiamolo stato dai, non versa i contributi, egli non avrà alcuna colpa e maturerà comunque il diritto ad una bella e buona pensione. Il secondo strumento a disposizione del politico è l’insieme di tasse patrimoniali. Tasse di successione, sulla proprietà, sulle rendite e via fino al bollo auto e il canone Rai fresco di promozione al grado di tassa di possesso sulla tv. Anche qui siamo mossi da nobili intenzioni. Scardinare le blindature sociali e offrire un pacchetto di opportunità equiparate per le nuove generazioni. A niente vale l’ elenco di tutte quelle azioni di sacrificio che il buon padre di famiglia compie quotidianamente per donare una buona base di partenza ai suoi e non agli altrui figli. Anche qui il politico svicola facilmente ai doveri che l’ elettore ha nei confronti delle future generazioni. Egli non ha alcuna necessità di creare solide basi per i propri figli. Il politico non deve investire, niente uffici in centro e capannoni in periferia che fanno tanto “disonesto e fortunato”. Anche per i loro figli ci pensa lo stato. Lo stato ha creato le aziende dove i figli dei politici andranno a lavorare. Ci sono anche le grandi aziende private, che forse qualche affare con lo stato lo fanno comunque. Queste aziende private dopo una faticosissima ricerca , dopo mesi di colloqui, dopo aver persino acceso dei ceri in chiesa, trovano il giovane talentuoso a cui affidare i destini dell’ azienda. A giudicare dai compensi che percepisce appena varcati i cancelli dell’ azienda, l’ opera del giovane parrebbe tanto rara e necessaria alle sorti dell’ azienda stessa. A dire il vero, io immagino che in molti casi l’ azienda si premunisca e si accerti che questi baldi figli dei politici non tocchino nulla, nulla decidano. Giusto l’ ufficio di prestigio con vetrata e wifi per farli sentire davvero importanti e ringalluzzire l’ orgoglio del papà onorevole. Svolgendo una veloce ricerca online ho potuto scovare i seguenti casi emblematici.
Il figlio di Vincenzo Visco nel 2008 veniva assunto da Sviluppo Italia come dirigente. Prima dell’ assunzione definitiva aveva fatto per la stessa il consulente a tempo. Novanta giorni di consulenza per 46 mila euro lordi (spero). Prima ancora lavorava in Telecom.
Il figlio di Ignazio La Russa entra nel consiglio di amministrazione della Premafin ( holding Ligresti) a soli 25 anni. È stato poi vice presidente dell’ ACI Milano e ora è presidente della ACM services (controllata ACI).
Il figlio di Mario Monti si è girato tutte le banche più un incarico di prestigio alla Parmalat quando questa era commissariata da Enrico Bondi. Un colpo di dea bendata ha voluto che Enrico Bondi fosse l’ uomo giusto per inaugurare la stagione della Spending review proprio sotto il governo Monti.
Il figlio di Giuliano Amato non aveva ambizioni manageriali bensì artistiche. Ma non ha avuto problemi lo stesso. Nel 2006 è chiamato dal Sindaco De Luca a fare il Direttore artistico del Teatro comunale di Salerno. E’ poi regista di vari spettacoli lirici. E si sa, la lirica non è in grado di camminare coi suoi piedi senza la stampella pubblica.
Il figlio dell’ ex ministro Corrado Clini coordina progetti per la regione Veneto a Bruxelles. Non vi è notizia di un suo omologo belga a Padova.
Il figlio di Corrado Passera ha fatto gavetta nel settore marketing della Piaggio e ora è impiegato alla Procter & Gamble ( roba chimica).
La figlia di Antonio Catricalà lavora per la società Terna (una terna al lotto).
La figlia di Piero Gnudi , ex presidente Enel ed ex Ministro del turismo, lavora per la Nomisma, società di consulenza fondata tra gli altri da Romano Prodi che fa molte inutili e insulse ricerche statistiche anche per le aziende pubbliche.
Mi fermo coi casi citati perché non mi basterebbero i gigabyte dell’ hard disk per incamerarli tutti e descrivere il dedalo di relazioni, di favori fatti e restituiti. Tralascio volutamente quelli che hanno fatto più scalpore, i pargoli di Napolitano, della Cancellieri e della Fornero.
Merita però una menzione speciale il colosso statale dell’ ingegneria aerospaziale Finmeccanica. Sotto la presidenza di Pierfrancesco Guarguaglini , fino al 2011, hanno trovato occupazione I figli di Franco Marini, Arnaldo Forlani e i figli e generi di una lunga lista di generali, capi del Cesis, del Sismi, ammiragli, capi di stato maggiore etc.
Quale azienda poteva garantire maggiore blindatura delle classi sociali a costoro se non il nostro fiore all’ occhiello dell’ industria della difesa e della sicurezza?