SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Il petroliere” di Paul Thomas Anderson (2007)

di Roberto Bolzan

Poiché pensiamo che l’era del petrolio sia al termine, se non finita ormai,  sentiamo di avere avuto la fortuna di alcuni incontri che ci hanno tattilmente presentato le immagini vive ed il senso ineluttabile della fine dell’epoca. La fine è sempre interessante, come gli inizi, ed entrambi adatti agli spiriti inquieti.
E allora ci è venuto in mente un film di qualche anno fa, visionario come non mai, e spaventoso, nero di olio denso e lucido, volutamente e coscientemente ruvido e bello.

E’ la storia di Daniel Plainview, la cui vista piana non gli impedisce di essere felice di vivere nel deserto dopo che il deserto l’ha creato e diffuso intorno, radendo al suolo qualunque rapporto umano. Anzi, è forse proprio la sua visione piana a permetterglielo.
L’inizio è terribile e nello stesso tempo un pezzo superbo di cinema, muto e grigio argento e nero. Quindici minuti e nemmeno una parola, solo luce densa e silenzio. Daniel Plaintview è sepolto nelle viscere della terra, con il piccone estrae scintille d’argento, scende nel pozzo e diventa buio come il buio, sistema la dinamite e risale alla luce e diventa luce, la dinamite esplode e diventa polvere come la terra, finché erutta il petrolio e diventa come l’olio, nero, lucido e grasso.
Plainview, con una gamba spezzata e una fatica da pionieri, scova un giacimento di petrolio, escogita la tecnologia della trivellazione, scava il suo primo pozzo, diventa signore indiscusso di una piccola comunità, squadre di uomini che lavorano per lui, che si muovono con lui, città intere che si spostano nello sconfinato paesaggio americano . Poi scopre altro petrolio ancora, e compra terreno per chilometri intorno, a prezzi stracciati.
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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “W la foca” di Nando Cicero (1981)

di Roberto Bolzan

Mala tempora currunt, e siccome peiora parantur (non ci si illuda), andiamo grati con la memoria a pescare in quei tempi nei quali un film veniva si bandito dalla censura per un titolo audace, ma almeno si sapeva distinguere la parte bacchettona della società. Mentre adesso non si capisce più niente e tutto è diventato difficile, serio e impegnativo.

Andrea (Lory del Santo), un’infermiera veneta in cerca d’impiego a Roma, inizia come cameriera in casa del dott. Patacchiola (Bombolo), un medico molto particolare e con una famiglia altrettanto strana, fino a vincere in un concorso fotografico una foca, che accudirà come fosse un bambino. Andrea tenta inutilmente la strada dello spettacolo nelle tv private, per divenire infine direttrice di una clinica dimagrante.
Questa la trama, insignificante.
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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Radio America” di Robert Altman (2006)


di Roberto Bolzan

Non c’è niente di Altman che non sia dentro il nostro cuore, nemmeno i film psicologici come Quel freddo giorno nel parco; forse solo Quintet, ma non ci giurerei. A rivederlo certamente lascerebbe la sua impronta come tutti gli altri suoi film.
Avremmo voluto recensire M.A.S.H., indimenticabile, o i rari Brewster McCloudMcCave and Mrs Miller (che sono la nostra passione) o Il lungo addio o Nashville. Ma i casi della vita vogliono che ci si occupi di radio e allora parliamo di Radio America (A Prairie Home Companion), il suo ultimo film prima di lasciarci.

A Prairie Home Companion, programma radiofonico regolarmente in onda da più di trent’anni, è giunto al suo ultimo giorno di vita. Il luogo da cui trasmette ogni settimana – il Fitzgerald Theater di St.Paul nel Minnesota – sarà presto distrutto. Al suo posto un parcheggio. Questa la trama. Verrebbe la voglia di non dire altro e rimandare alla visione di questo film che ha i segni distintivi del suo cinema: cast corale, trame multiple, dialoghi sovrapposti, controllo narrativo e formale.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Il laureato” di Mike Nichols (1967)

di Roberto Bolzan

Eh no, non partono con il duetto, lei vestita da sposa, come tuti (o molti) ricordiamo, bensì in autobus. Lui finisce la benzina un chilometro prima della chiesa.
A parte questo, uno dei finali già celebri della storia del cinema, il resto è ben fisso nella memoria. Ann Bancroft che si mette le calze, le corse con il Duetto rosso, le musiche di Simon & Garfunkel. Questo film ha reso celebre tutte queste cose ed anche un giovane Dustin Hoffman all’inizio della sua carriera.
Ricordiamo la storia: il giovane Benjamin Braddock, figlio di una ricca famiglia, fa ritorno a casa dopo aver terminato il college ed è ancora incerto sul proprio futuro. Durante la festa organizzata dai suoi genitori per festeggiare il suo ritorno, Ben incontra la signora Robinson, una piacente signora di mezz’età storica amica di famiglia, che gli chiede di accompagnarla a casa. Qui la donna tenta di sedurre il suo accompagnatore, ma viene interrotta dall’arrivo del marito. (altro…)

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba” di Stanley Kubrick (1964)

di Roberto Bolzan

Di questi tempi la letteratura complottista va alla grande e allora non è male andare a vedere uno straordinario Colonnello Ripper che ha le sue spiegazioni sul decadimento della civiltà occidentale. Metà degli anni sessanta, nei quali la contrapposizione tra i poli aveva assunto una dimensione preoccupante, ma tuttavia anni felici.
Al generale Ripper, comandante d’una base aerea, improvvisamente ha dato di volta il cervello: poiché la sua virilità è in declino, crede che ciò derivi da una cospirazione dei comunisti a danno dell’America  e ordina alle squadriglie dei suoi bombardieri di sferrare l’offensiva, secondo piani elaborati da tempo.   (altro…)

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