di Enrico Galloni.
Che atteggiamento avete nei confronti delle foto che scattate? Condividete compulsivamente su facebook e instagram oppure mantenete la maggior parte dei vostri scatti nella sfera privata mostrandoli solo a pochi eletti con cui siete in confidenza?
Oggi tutti abbiamo costantemente in mano una macchina fotografica incorporata nel nostro immancabile telefono, alcune di queste camere sono anche di buona qualità, siamo quindi in grado teoricamente di immortalare tutto quello in cui ci imbattiamo, molti di noi lo fanno e lo condividono anche in rete ma quanti di noi dispongono di un cervello che guardando una scena dice “click” anticipando la foto perfetta come composizione, esposizione, racconto di una storia?
Nel nostro mondo tutto si basa sull’immagine, disponiamo di tecnologie che teoricamente rendono gestibile da chiunque il processo fotografico anche dal punto di vista dei costi, nonostante questo la stragrande maggioranza delle foto che vedo condividere sui social sono, nella migliore delle ipotesi, stereotipi di un buono scatto o in alternativa dei totali disastri.
Da qualche mese seguo una storia incredibile che per alcuni aspetti si collega allo scatto compulsivo odierno e per certi altri si colloca agli antipodi delle nostre manie, comunque la si guardi si tratta di una scoperta eccezionale .
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