Verdi proviene da una famiglia di agricoltori piacentini, dopo aver messo da parte un po’ di denaro apre una modesta osteria, la cui gestione alterna al lavoro dei campi. Verdi è compositore di autore di melodrammi che fanno parte del repertorio operistico dei teatri di tutto il mondo. È considerato il più celebre compositore italiano di tutti i tempi.
Nel corso della vita di Verdi, lunga quasi un secolo, l’Italia si trasforma da paese soggiogato al dominio straniero in uno stato unificato indipendente. ll Risorgimento, le lotte per l’unificazione d’Italia, non potevano lasciare indifferente l’animo del compositore. Nabucco , I Lombardi, Attila e Macbeth esprimono il sincero amore patriottico di Verdi e il suo dolore per un popolo oppresso. A Milano frequenta i salotti intellettuali della città, primo tra tutti quello dell’amica Clara Maffei, dove fervono sentimenti e iniziative anti-austriache. I moti del 1848 lo portano a manifestare apertamente i suoi ideali patriottici.
Il nome del Maestro rimarrà per sempre legato agli ideali del Risorgimento, trasformandosi in un acrostico rivoluzionario, “Viva Verdi!”, da leggersi “Viva Vittorio Emanuele re d’Italia!”, scritto per la prima volta sulle mura di Roma all’epoca di Un ballo in maschera . Il graffito alludeva a un’aspirazione che con gli anni stava diventando sempre più popolare e condivisa. Lo stesso Verdi finisce per credere in questo progetto quando capisce che l’unità del paese si può concretizzare non tanto attraverso l’insurrezione popolare e l’utopia repubblicana di Mazzini, ma esclusivamente con un paziente lavoro diplomatico.
Tuttavia, le alchimie politiche si rivelano estranee alla personalità di Verdi. Quando l’unità d’Italia diventa realtà il compositore entra in Parlamento, ma ci rimane solo per cinque anni, dal 1861 al 1865, convinto di essere più utile al suo paese come artista che come deputato.
Ecco una biografia del grande parmense. La traiamo da http://www.giuseppeverdi.it/
Giuseppe fin da bambino prende lezioni di musica dall’organista della chiesa, Pietro Baistrocchi, esercitandosi su una vecchia spinetta che gli ha regalato il padre. Gli studi musicali proseguono in maniera irregolare fino a quando Antonio Barezzi , commerciante, amante della musica e presidente della locale Filarmonica, affezionato alla famiglia Verdi e al piccolo Giuseppe, lo accoglie in casa sua, pagandogli studi più regolari e accademici.
Gli studi
Verdi fa pratica nella chiesa di Busseto, ma il piccolo paese gli sta stretto. Aiutato da Barezzi, decide di iscriversi al Conservatorio di Milano, che oggi porta il suo nome. Non riesce tuttavia a superare l’esame di ammissione per “scorretta posizione della mano nel suonare e per raggiunti limiti di età”. Ha 18 anni. Non si dà per vinto e grazie a una borsa di studio del Monte di Pietà di Busseto e all’aiuto economico di Barezzi, comincia a frequentare il mondo della Scala prendendo lezioni private dal cembalista Vincenzo Lavigna e assistendo alle rappresentazioni.
Gli inizi della carriera
Nel 1836 rientra a Busseto da vincitore del concorso per Maestro di musica del Comune, lo stesso anno sposa la figlia del suo benefattore, Margherita Barezzi , da cui ha due figli: Virginia e Icilio. Il lavoro sicuro e lo stipendio fisso si rivelano però d’intralcio al sogno milanese tanto che Verdi decide di lasciare tutto e di tornare a Milano, questa volta con la famiglia.
Del 1839 è la rappresentazione al Teatro alla Scala della sua prima opera, Oberto Conte di San Bonifacio , che riscuote un discreto successo, offuscato irrimediabilmente dalla morte dei figli e poi di Margherita, a cui Verdi era legato da un profondo affetto.
In quei giorni così tristi il Maestro porta a compimento la commissione per un’opera comica Un giorno di regno , che si rivela un clamoroso fiasco. Verdi dichiara che non avrebbe più composto musica.
Gli anni di “galera”
E’ un libretto, una storia che funziona, a fargli cambiare idea. L’impresario della Scala, Bartolomeo Merelli, gli fa leggere il Nabucco . In pochissimo tempo l’opera è pronta ed è trionfo (1842). Il coro del Nabucco ha un successo popolare strepitoso tanto da venir cantato e suonato perfino per le strade. Sempre in quel 1842 Verdi conosce due donne importantissime nella sua vita: la soprano e pianista Giuseppina Strepponi , che sarebbe diventata sua compagna e poi sua seconda moglie, e la contessa Clarina Maffei, grazie alla quale gli si aprono le porte dei salotti milanesi.
Iniziano anni di lavoro durissimo e indefesso, grazie alle continue richieste e al sempre poco tempo a disposizione per soddisfarle, anni che Verdi chiamerà “gli anni di galera”. Dal 1842 al 1848 compone a ritmi serratissimi. I Lombardi alla Prima Crociata (1843) è un altro successo, duramente censurato dal governo austriaco poiché, con il Nabucco , era stato rivisitato in chiave patriottica dagli italiani. E poi, Ernani (1844), I due foscari (1844), Macbeth (1847), I Masnadieri (1847) e Luisa Miller (1849). In questo periodo si consolida la sua discussa relazione con Giuseppina Strepponi. Dopo Giovanna d’Arco (1845), Verdi si allontana dalla Scala e da Milano e si stabilisce a Parigi.
Per l’Opéra trasforma I lombardi in Jérusalem (1847) confrontandosi con le esigenze ma anche con gli imponenti mezzi del grand opéra francese.
La trilogia popolare: un successo nato in Emilia
Solo nel 1849 torna a Busseto insieme a Giuseppina. Molte le voci su questo rapporto, la soprano aveva avuto due figli da una precedente relazione, e sulla convivenza ufficializzata con il matrimonio nel 1859.
Nel 1851 è finalmente pronta la villa di Sant’Agata , a Villanova d’Arda, dove Verdi e Giuseppina si trasferiscono definitivamente: una dimora circondata da un grande parco, curato da Verdi stesso.
In questi anni, nella calma della pianura padana, Verdi scrive la trilogia popolare: Rigoletto (1851), Il Trovatore (1853), e La Traviata (1853). Ottiene un successo clamoroso.
Gli anni dell’impegno politico e sociale
Nel 1861 Verdi si sente chiamato all’impegno politico, sollecitato da Cavour. Viene eletto deputato del primo Parlamento italiano e nel 1874 è nominato senatore. In questi anni compone La forza del destino (1862), nel 1865 riscrive Macbeth per il teatro francese e per l’Opéra compone il Don Carlos (1867). Nel 1862 compone, per l’ Esposizione Universale di Londra, l’Inno delle Nazioni, su testo di Boito.
Con Aida (1871), voluta da Ismail Pascià come opera “nazionale” egiziana, Verdi rilegge in chiave italiana le esigenze spettacolari del grand opéra. La Messa da requiem è scritta e pensata nel 1873 come celebrazione per la morte di Alessandro Manzoni. Nel 1869 la seconda versione de La forza del destino segna il ritorno alla Scala, da cui Verdi non si allontanerà più. Stringe un’intensa amicizia con Teresa Stolz, la prima e grande interprete dell’ Aida .
Verdi trova anche il modo e il tempo di dedicarsi agli altri, di pensare a chi ha più bisogno: nel 1888 inaugura un ospedale a Villanova D’Arda, da lui interamente finanziato e nel 1880 compra il terreno per costruire quella che ancora oggi è la Casa di Riposo per musicisti , la sua “opera più bella”, dirà, terminata nel 1899 ma chiusa finché Verdi, che non desidera essere ringraziato da nessuno, è in vita.
L’addio al teatro
Nel 1887, all’età di ottant’anni, scrive Otello , confrontandosi ancora una volta con Shakespeare. Nel 1893 dà l’addio al teatro con la sua unica opera comica, il Falstaff .
Quattro anni dopo muore Giuseppina Strepponi.
Nella tarda maturità compone quattro pezzi sacri pubblicati nel 1898: Stabat Mater , Laudi alla Vergine e Te Deum .
L’addio dell’Italia al Cigno di Busseto
Verdi ci lascia il 27 gennaio 1901. E’ al “Grand Hotel et De Milan”, in un appartamento dove era solito alloggiare durante l’inverno. Colto da malore spira dopo sei giorni di agonia, giorni in cui le strade di Milano sono state cosparse di paglia perché il rumore degli zoccoli dei cavalli non disturbi gli ultimi giorni del Maestro. I suoi funerali si svolgono come aveva chiesto, senza sfarzo né musica, semplici come era sempre stata la sua vita. Una folla silenziosa segue il feretro. Un mese dopo i corpi di Verdi e della Strepponi vengono portati alla Casa di Riposo per Musicisti. Arturo Toscanini in testa all’orchestra della Scala e ad un coro di ottocento persone disposte sulla gradinata, intona il “Va pensiero” del Nabucco , l’addio dell’Italia intera al Cigno di Busseto.di Gabriella Dal Lago.