GIUSNATURALISMO: il diritto all’incolumità (T. Obbi)

Cos’è

Il diritto alla vita, nel suo duplice significato [1], include quello alla sopravvivenza, e conseguentemente anche quello alla salute. Che non significa assolutamente che qualcuno debba garantire a qualcun altro l’immortalità. Ma solo che nessuno possa attentare alla sopravvivenza ed alla salute altrui, nonché alla libertà di ciascuno di salvaguardare questi suoi valori (cioè prendersi cura di sé e curarsi).

Prime conseguenze notevoli

Una prima conseguenza del diritto all’incolumità è che nessuno, pubblico o privato, dovrebbe poter intaccare (neanche imposte, contravvenzioni e rimborsi) quella parte di reddito (quota deducibile) necessaria alla vita ed alla salute di tutti gli individui che dipendono da quel reddito.

Tra le spese necessarie alla sopravvivenza, dovrebbe esservi anche l’abitazione. Le spese medie per abitare andrebbero quindi dedotte dall’imponibile. L’abitazione, diversamente da altre proprietà immobiliari, non è solo proprietà privata ma anche mezzo di sopravvivenza. Non potrebbe perciò essere pignorata (quindi neanche impegnata), se non come nuda proprietà – non come usufrutto.

Se adottato, il diritto alla vita conseguirebbe una rivoluzione epocale nel nostro sistema fiscale. In paesi come Svizzera ed USA, invece, le conseguenze sarebbero più modeste. Altri approfondimenti di tipo fiscale qui.

La sanità pubblica altera negativamente il mercato sanitario, creando un monopolio e cartelli affiliati, aumentando i costi delle prestazioni sanitarie ed impedendone la sorveglianza, in quanto nessun ente è in grado di sorvegliare sé stesso.

L’autorità sanitaria dovrebbe invece sorvegliare severamente un mercato concorrenziale (quindi privato) delle prestazioni sanitarie, garantendo così sia la concorrenza che il rispetto di vita e salute, nonché finanziare (prestare) i cittadini che non potessero accedervi, ed imporre i rimborsi (giudizialmente) per eventuali danni/lesioni causati dall’attività medica [2].

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Note a piè di pagina

[1] Vita intesa cioè sia come sopravvivenza che come aspirazione all’autorealizzazione.

[2] Viene spesso posta, a questo punto, una domanda: e i pronto soccorso? A rigor di logica, il mercato privato e sorvegliato dovrebbe ridurre le attese e garantire qualità, mantenendo comunque la possibilità di accedere al finanziamento, nonché ad eventuali rimborsi giudiziali. Ma se un cittadino fosse reticente ad un consulto immediato – che a sua insaputa sarebbe invece necessario – a causa del costo sotteso? Si potrebbe rispondere che altrettanta reticenza è oggi causata dalle lunghe attese nonché dalla incerta qualità dei risultati. Ma in realtà, è un caso possibile. Per risolverlo brillantemente, dovrebbe esistere una attività medica pubblica “a prescindere” dalle necessità dei cittadini, cioè ininfluente sul mercato privato perché comunque esistente, ed in particolare che fosse un’attività medica specializzata in medicina d’urgenza. Ebbene, tale attività esiste. Ed è quella militare. In periodi di pace (cioè sempre) tale attività langue, esiste in potenza ma non fa quasi nulla (solo le visite periodiche dei militari). E’ quindi costantemente impreparata rispetto ai pochi casi in cui è necessaria. Infatti, non viene impiegata neanche in caso di emergenze per calamità naturali. Tra l’altro, l’apparato militare non dipendendo dall’esecutivo, ma dal PdR (secondo i parametri teorici della separazione dei poteri, quindi non il nostro caso), quindi potrebbe essere anch’esso efficacemente essere sorvegliato dal primo.

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