27 GENNAIO 1945: SI APRONO LE PORTE DI AUSCHWITZ

LEVI auschwitz

Ogni anno, il 27 gennaio, si celebra la “Giornata della memoria”, in ricordo dell’Olocausto del nazismo che portò al genocidio pianificato di ebrei, rom, omosessuali, malati di mente, disabili e oppositori politici della germania hitleriana. Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui le truppe russe entrarono per la prima volta nel luogo simbolo della Shoah (‘distruzione’ in ebraico), il lager di Auschwitz. Nel campo di concentramento nazista morirono circa 70mila persone, uccise nella camera a gas ricavata nell’obitorio del crematorio numero 1, da torture ed esecuzioni sommarie, dal lavoro inclemente e dalle condizioni di vita impossibile. A Birkenau vennero ammazzate oltre un milione e centomila civili,

in stragrande maggioranza ebrei, russi, polacchi e rom. Auschwitz era un ‘Konzentrationslager’ (campo di concentramento), Birkenau un ‘Vernichtungslager’ (campo di sterminio), il più esteso. Quando i russi arrivarono ai cancelli tristemente noti per il loro tetro motto “Arbeit macth frei” (il lavoro rende liberi) trovarono circa 7mila prigionieri ancora in vita, testimoni oculari del massacro senza fine. Una delle testimonianze più lucide su cosa sono stati i lager nazisti è stata l’opera letteraria di Primo Levi (nella foto), intellettuale, scrittore, partigiano e chimico, torinese ebreo, internato ad Auschwitz e da lì uscito vivo proprio il 27 gennaio del 45: fu uno degli appena 20 sopravvissuti dei 650 ebrei italiani arrivati con lui al campo. È di Primo Levi la poesia “Se questo è un uomo”, incipit dell’omonimo romanzo sul suo periodo di prigionia nel campo (ne “La Tregua” Levi raccontò il ritorno in Italia).

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri

nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per un si o per un no.

Considerate se questa è una donna,

senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare

vuoti gli occhi e freddo il grembo

come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

stando in casa andando per via,

coricandovi, alzandovi.

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

 

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