2 GENNAIO 1492 – “RECONQUISTA” DI GRANADA

alhambra

A distanza di otto secoli dalla conquista musulmana del regno visigoto i seguaci di Maometto (570 ca. – 632) sono costretti ad abbandonare la penisola iberica e lasciano nelle mani di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona la città che meglio rappresenta la civiltà araba conservando nel suo seno l’Alhambra e la Generalife, monumenti tra i più rappresentativi dell’arte orientale. Proprio Granada era stata fondata dagli Arabi nel 756 presso le rovine della città di Illiberis divenendo, dopo la conquista di Cordova, la capitale dell’ultimo dei regni dei Mori.
La costante crescita civile e socio-economica che ha caratterizzato Granada durante i secoli della presenza moresca e la specificità che si è espressa grazie all’influenza di maestranze artigiane arabe viene intaccata a causa della conquista cristiana. Inoltre viene meno il ruolo di cerniera fra i due mondi, quello islamico e quello cristiano, che la città ha svolto nel corso del basso Medioevo. La conquista dei re cattolici sottopone a dura prova l’economia della provincia andalusa e ne consegue una grave crisi. L’avvento degli Spagnoli si manifesta con una forte pressione politico-religiosa, che ha l’obbiettivo di costringere la popolazione moresca alla conversione, oppure all’emigrazione, determinando una condizione di forte insicurezza che non favorisce la vitalità civile ed economica. Ripercussioni di questa condizione di subalternità si manifesteranno a lungo termine con la rivolta e la conseguente repressione dei moriscos sotto Filippo II (1527-1589), nel 1561. La débâcle che interessa la città capoluogo dell’ultimo regno di Granada è testimoniata dalla crisi demografica: la popolazione, che nell’ultima età moresca ha raggiunto i duecentomila abitanti, ai primi dell’Ottocento si presenta come quella di una modesta provincia spagnola di circa diciottomila abitanti.

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