16 GIUGNO 1940: PETAIN PRIMO MINISTRO IN FRANCIA

Petain--con-Hitler

Con la nomina dell’anziano generale Philippe Pétain a primo ministro ha inizio la piena sottomissione della Francia a Hitler il cui esercito aveva sbaragliato quello francese in pochi mesi. Si tratta di una “pagina nera” della storia francese: dopo l’ingloriosa disfatta militare, il parlamento vota i pieni poteri al filo-nazista Pétain che darà vita all'”État français”, meglio noto come “Regime di Vichy”, uno stato-fantoccio al servizio dei nazisti. Dopo l’armistizio franco-tedesco la Francia si trovava infatti divisa in due zone: quella nord occupata dai tedeschi e quella centro-sud governata dal regime collaborazionista di Vichy, battezzato col nome della cittadina termale dove si era trasferito Pétain. Con votazione schiacciante (569 sì, 80 no) il Parlamento francese (di cui ben pochi membri erano riusciti a porsi in salvo oltre mare), decise di sciogliersi e di affidare i pieni poteri al maresciallo Philippe Pétain, rappresentante delle élite militariste, reazionarie e clericali, con il compito di formulare una nuova Costituzione. Vichy non fu soltanto un regime “fantoccio” imposto dai tedeschi, ma anche l’espressione di una tendenza antidemocratica, antisemita e fascista ben radicata in alcuni strati della società francese del tempo.  Il regime di Vichy, insomma, pur prodotto dalle circostanze, si fondava anche su un progetto politico che fu chiamato “rivoluzione nazionale”. Era la realizzazione di quel nazionalismo clericale, gerarchico e autoritario che, dall’esempio italiano, venne chiamato in tutto il mondo “fascista” nemico della democrazia e della libertà. Si adottò la triade “lavoro, famiglia e patria”, che doveva esaltare l’ordinamento naturalmente gerarchico della società; sparì dai documenti ufficiali l’intestazione “La République française”, sostituita dalla formula di stampo monarchico “Nous, Philippe Pétain”, che ripristinava lo stile del Secondo impero. Pétain del resto si era attribuito l’intero potere legislativo nonché la designazione delle assemblee “rappresentative”. Nonostante le evidenti affinità ideologiche tra Vichy e Berlino, la loro collaborazione fu fondata sull’interesse reciproco e sulla politica di potere. Sempre in lotta con il tempo, Hitler desiderava evitare un conflitto prolungato e una occupazione troppo estesa. Mirava anche a impressionare Londra con il suo equilibrio diplomatico, pur mantenendo una pressione militare sufficiente a conferirgli autorità su un altro satellite docile al pari della Romania e dell’ Ungheria proto-fasciste. Avendo saldamente in mano il grosso dell’esercito francese fatto prigioniero e i territori del Paese, le sue coste, le sue industrie di valore strategico, Hitler faceva affidamento sul fatto che Vichy gli avrebbe fornito non assistenza militare ma aiuti economici e finanziari per il suo “Terzo Reich”.
Da parte loro, Pétain e i suoi ministri si proponevano di utilizzare il controllo che avevano su una metà della Francia e sulle terre d’oltre mare, nonché sulla flotta francese, per salvaguardare un nucleo di sovranità e anche per realizzare il tentativo di trasformare il Paese nel più importante satellite di Hitler in quella che, a loro giudizio, sarebbe stata un’Europa dominata dalla Germania. Per raggiungere questo obbiettivo, Pétain e il suo vice-Primo ministro Pierre Laval si misero subito all’opera e spedirono a morte migliaia di oppositori politici. Successivamente, sia per inclinazione ideologica sia per grossolano opportunismo, i capi di Vichy diedero ampio sfogo all’ antisemitismo. Tra la fine di luglio e l’inizio di ottobre del 1940, incaricarono una commissione di rivedere le naturalizzazioni recenti, abrogarono una legge che proibiva la propaganda antisemita, adottarono uno statuto che eliminava gli ebrei dal servizio governativo e autorizzarono i prefetti a internare gli ebrei stranieri in campi speciali. Nel 1940, circa 730.000 ebrei vivevano in Francia, di cui 400.000 in Africa del Nord. La legislazione di Vichy li rese un gruppo a se stante. Gli arresti effettuati dai poliziotti di Vichy, poi i trasporti e l’internamento nei campi francesi sono operazioni di tale ampiezza che i tedeschi non avrebbero potuto realizzarli da soli. Per il raggruppamento degli ebrei nei campi, per la schedatura, per i rastrellamenti eseguiti dalla polizia, Vichy facilitò il lavoro dei tedeschi per la deportazione di 76.000 ebrei di cui 24.000 francesi; il 3% (2.500) sono sopravvissuti ai campi di sterminio; 4.000 ebrei sono morti nei campi in Francia.

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