16 APRILE 1972: ROGO DI PRIMAVALLE

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A Roma, un gruppo di Potere Operaio formato da Manlio Grillo, Marino Clavo e Achille Lollo incendia una casa nel quartiere Primavalle, uccidendo i fratelli Virgilio e Stefano Mattei, figli del Segretario della locale sezione del Movimento Sociale Italiano Mario Mattei. La benzina fu versata nella notte del 16 aprile 1973  sotto la porta dell’appartamento abitato dalla famiglia composta da Mario Mattei, dalla moglie Anna Maria ed i figli, al terzo piano delle case popolari di via Bernardo da Bibbiena. Divampò un incendio che distrusse rapidamente l’intero appartamento. La madre Anna Maria e i due figli più piccoli, Antonella di 9 anni e Giampaolo di soli 3 anni, riuscirono a fuggire dalla porta principale. Altre due figlie si salvarono: Lucia, di 15 anni, aiutata dal padre Mario si calò nel balconcino del secondo piano e da lì si buttò, presa al volo ancora dal padre. Silvia, 19 anni, si gettò dalla veranda della cucina e riportò incredibilmente solo qualche frattura. Due dei figli, Virgilio di 22 anni, militante missino anch’egli, e il fratellino Stefano di 8 anni morirono carbonizzati, non riuscendo a gettarsi dalla finestra. Il dramma avvenne davanti ad una folla che si era radunata nei pressi dell’abitazione, e assistette alla progressiva morte di Virgilio, rimasto appoggiato al davanzale, e di Stefano, scivolato all’indietro dopo che il fratello maggiore che lo teneva con sé perse le forze.  Gli attentatori lasciarono sul selciato una rivendicazione della loro azione: “Brigata Tanas – guerra di classe – Morte ai fascisti – la sede del MSI – Mattei e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria”. Le indagini sul rogo di Primavalle portaro a porre particolare attenzione nei confronti di alcuni esponenti di movimenti collegati al Potere Operaio, che replicò repentinamente parlando di una montatura creata ad arte, “il risultato di un meccanismo di provocazione premeditato a lungo e ad alto livello, tipo «strage di stato», «Primavalle» è piuttosto una trama costruita affannosamente, a «caldo» da polizia e magistratura, un modo di sfruttare un’occasione per trasformare un “banale incidente” o un oscuro episodio – “nato e sviluppatosi nel vermiciaio della sezione fascista del quartiere”. Due giorni dopo Achille Lollo fu arrestato e, insieme agli altri due imputati, fu rinviato a giudizio. Ma non tutti andarono contro quelli che erano ritenuti i presunti responsabili del rogo di Primavalle e ben presto si scatenò l’opinione pubblica: vari i giornali e gli intellettuali che si schierarono dalla loro parte. Durante il processo ci furono anche delle manifestazioni per chiedere il loro proscioglimento. Durante il processo di primo grado si ipotizzò la strage e l’accusa chiese l’ergastolo per i tre imputati, ma di fatto vennero assolti per mancanza di prove. Nel processo di secondo grado furono condannati a 18 anni di carcere per omicidio premeditato, ma Achille Lollo fuggì in Sud America, mentre Manlio Grillo fuggì in Nicaragua e di Marino Clavo si persero le tracce. Dopo la prescrizione, la famiglia Mattei, in anni più recenti, la Procura di Roma ha chiesto la riapertura del caso grazie a informazioni ottenute dagli stessi imputati, che hanno permesso di ipotizzare il reato di strage. Nel 2005 la famiglia Mattei ha denunciato Lanfranco Pace, Valerio Morucci e Franco Piperno come mandanti dell’attentato e lo stesso Lollo confessò la responsabilità nel 2005, affermando però di non aver materialmente incendiato la porta: “Non volevamo provocare l’incendio, né uccidere. Doveva essere un’azione dimostrativa, come altre che avevamo fatto contro i fascisti a Primavalle. Se tutto avesse funzionato, avremmo provocato un botto e annerito la porta dell’appartamento. Invece io sbaglio, l’acido mi cola tra le mani e scappiamo, lasciando la tanica inesplosa. Da quel giorno ho il dubbio su cosa sia davvero successo dopo. Non abbiamo mai pensato di far scivolare la benzina sotto la porta per dar fuoco all’appartamento. Mai. Tutte le perizie ci hanno dato ragione, tra l’altro“.  Il rogo di Primavalle tuttavia continua a bruciare anche oggi dato che i mandanti e i responsabili sono a piede libero o latitanti.

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