Queste le farneticanti parole contenute nella mail che i terroristi inviarono alle agenzie di stampa per rivendicare l’orrendo omicidio del giuslavorista e consulente del Ministero del Lavoro: “Un nucleo armato della nostra Organizzazione ha giustiziato Marco Biagi consulente del ministro del lavoro Maroni, ideatore e promotore delle linee e delle formulazioni legislative di un progetto di rimodellazione della regolazione dello sfruttamento del lavoro salariato, e di ridefinizione tanto delle relazioni neocorporative tra Esecutivo, Confindustria e Sindacato confederale, quanto della funzione della negoziazione neocorporativa in rapporto al nuovo modello di democrazia rappresentativa. La rivendicazione si concludeva ricordando che l’omicidio si era reso necessario per attaccare “la frazione dominante della borghesia imperialista nostrana”, accusata dai brigatisti di voler governare la crisi e “il conflitto di classe” attraverso un accentramento dei poteri tesa a favorirla.
Poche settimane prima di essere assassinato, il professor Marco Biagi aveva illustrato il suo famoso Libro bianco sul mercato del lavoro alla Consulta per i problemi sociali e del lavoro della Conferenza episcopale italiana. Possiamo davvero considerare questo intervento il suo testamento morale. Le proposte di riforme contenute nel Libro bianco sono rimaste vastamente disattese e quella che viene chiamata “Legge Biagi” non è la trasposizione legislativa delle idee del professore, ma l’ennesimo papocchio, realizzato da una classe politica incapace. Le parole di Biagi danno bene la dimensione della sua statura morale e si abbattono come mannaie su chi semina menzogne nei suoi confronti e su chi continua a difendere un mercato del lavoro che tutela privilegiati e parassiti a scapito della collettività. Marco Biagi era uomo di sinistra. Molte sue idee non ci appartengono. Lo diciamo chiaro. Di certo non condividiamo le critiche al presunto “liberismo selvaggio” di Margaret Thatcher che egli sollevò in questo stessa prolusione. Tuttavia, a differenza dei sindacati e di chi si dice “di sinistra” in questo paese, Marco Biagi aveva capito in anticipo i cambiamenti che sarebbero intercorsi nel mondo del lavoro e aveva ben chiaro che pensare di governare un mercato del lavoro magmatico e in continua evoluzione utilizzando regole partorite più di 40 anni or sono non solo è folle ma è anche dannoso; e lo è in modo particolare per chi il lavoro non l’ha e lo cerca. Pensiamo che il modo migliore per onorare la memoria di Marco Biagi sia riportare gli stralci più significativi di quel suo intervento che abbiamo cercato di dividere per tematiche. Eccoli qua. Buona lettura. A questo link trovate la prolusione integrale: http://www.30giorni.it/articoli_id_198_l1.htm
TUTELE
“Non posso essere d’accordo che l’intervento sia nella logica sostanzialmente di abbassare tutele e demolire diritti; assolutamente no. (…). Nel Libro bianco ci si pone il problema di andare oltre l’occupazione attraverso il mercato, ci si pone il problema di affrontare tipologie lavorative che oggi sfuggono, ci si pone il problema di andare nella direzione della terziarizzazione dell’economia, con uno Statuto dei lavoratori che non tutela più nessuno; ci si propone proprio di andare oltre le tradizionali frontiere dell’intervento di tutela. Vorrei dire che qui non è la questione se si tutelano o no le persone che lavorano. (…). La questione è come si tutelano le persone; qual è il modo più efficace, quali sono le tecniche di regolamentazione giuridica che possono consentire una migliore… Perché se io devo ammettere che la tutela, o come noi diciamo ipertutela, di alcuni si continui a tradurre nella sottotutela e nell’abbandono di tanti altri, in questo mercato del lavoro nero che continua a proliferare, allora mi consentirete di affermare: la mia etica mi impone di occuparmi di tutti, non solo di quelli che sono tutelati”.
CONCERTAZIONE
“Il Libro bianco non è il funerale della concertazione, perché francamente della concertazione non è che esiste una definizione sola; (…) Ci sono diverse tecniche. Concertazione, nell’accezione più consolidata, è quella che vede governo e parti sociali decidere assieme. Bene, allora il povero giurista vi osserva che questo non fa parte della Costituzione; (…) le parti sociali non sono elette dai cittadini, mentre il Parlamento sì, e questa non è una questione da poco. Nel nostro Paese, per le questioni del mercato del lavoro sembra quasi che il Parlamento sia diventato una comparsa, che disturba anche! Sono contrario a questa visione. Dico che governo e parti sociali fanno benissimo ad approfondire e discutere, concordare, concertare quello che volete, ma poi si va in Parlamento. Non sono d’accordo che la concertazione sostituisca il Parlamento e lo dico a voce alta”.
SERVIZI PER L’IMPIEGO
“Per me il fatto che i servizi per l’impiego non funzionino è uno scandalo. Perché naturalmente chi è capace si trova il lavoro da solo e chi poveretto, per varie ragioni, non ha una famiglia abbiente, non ha delle amicizie o non si mette in certi circuiti, non trova lavoro. È una cosa vergognosa!”
CONTRATTI COLLETTIVI
“Le norme leggere. Non c’entra nulla la sottotutela, perché rimane la legge, il contratto collettivo, tutte quelle che noi chiamiamo fonti. In aggiunta vengono previste in via sperimentale, delle tecniche regolatorie diverse, ma che non vengono da qualche villaggio africano, vengono dai Paesi anglosassoni, dove esistono i codici di comportamento e altri testi (chiamiamoli così con un linguaggio più semplice), che non hanno l’effetto della legge. Perché si usano? Perché si ritiene che in certe materie possa essere più conveniente usare delle prescrizioni non del tutto vincolanti, ma incoraggianti, premiali, ma mica sulle questioni fondamentali. Nessuno pensa di sostituire le prescrizioni contro gli infortuni sul lavoro con le norme leggere”
RIFORME E CAMBIAMENTI DEL MERCATO DEL LAVORO
“La tutela del lavoro non avviene soltanto sul singolo posto di lavoro, e quindi nell’ambito del rapporto bilaterale datore-prestatore di lavoro, ma anche e soprattutto nel mercato. Perché il lavoratore passa da un lavoro all’altro, perché la vita lavorativa è cambiata, perché i 30-35 anni nella stessa azienda non esistono più. Il lavoratore viene sempre più espulso; come facciamo a tutelare questo lavoratore che è sempre più sul mercato, cioè sulla strada, molte volte? Occorrono i servizi pubblici per l’impiego, però occorre che i privati facciano la loro parte, perché oggi quando i ragazzi vogliono trovare lavoro vanno nelle società di lavoro interinale; vogliamo? Quante resistenze, quante critiche, quanto tempo perso prima di riuscire a far passare il lavoro interinale nel 1997! Allora tutte le volte che si modernizza siamo sempre lì! Una fatica immensa, anche all’epoca, gli strali, le accuse più feroci, parole più pesanti contro chi voleva sperimentare il lavoro interinale… un peccato che gridava vendetta. Mi sembra che questi tre-quattro anni abbiano dimostrato che non è successo niente, ci sono tanti ragazzi, tante donne che trovano lavoro. Sottoprotetti? D’accordo, però un lavoratore interinale su tre dopo sei mesi viene assunto e allora come la mettiamo con questa diabolica e perversa tendenza di strutturare il contratto di lavoro?”