A Roma gli eventi del 1848 avevano rese manifeste le ambiguità nutrite nei due anni precedenti, a partire dall’elezione di Pio IX. Il papa, dopo aver inizialmente appoggiato le istanze patriottiche che si levavano anche dai suoi possedimenti, si era ritirato dalla guerra contro l’Austria. La delusione di molti patrioti fu cocente. La situazione in città si era fatta tesa e quando, in novembre, il ministro Pellegrino Rossi venne assassinato, il pontefice ebbe la dimostrazione di non poter più controllare Roma e si rifugiò, sotto la protezione di re Ferdinando II, nella fortezza di Gaeta.
Roma era senza il papa e serviva un governo. Vennero allora indette elezioni per l’Assemblea costituente, che si tennero nel gennaio del 1849. Tra gli eletti figuravano i nomi illustri, tra gli altri, di Giuseppe Mazzini e di Giuseppe Garibaldi. Il primo atto dell’Assemblea fu l’emanazione di un decreto nel quale si dichiarava decaduto il potere temporale dei pontefici, nonostante al papa venissero assicurate «tutte le guarentigie necessarie per l’indipendenza nell’esercizio della sua potestà spirituale». Era nata la Repubblica romana. Essa resistette solo 5 mesi e cadde sotto i colpi degli eserciti stranieri giunti in Italia per soccorrere il papa, tuttavia essa rappresentò l’esperimento più significativo del Quarantotto italiano; getta infatti le basi ideali dell’Unità italiana. Noi oggi ne ricordiamo la storia riportando alcuni stralci dell’articolo di Marco Severini “La Repubblica romana del 1849: una pagina di storia attuale”, apparso sulla rivista Storia e Futuro del giugno 2011.
Agli inizi del 1849 la storia italiana era dunque cambiata: la repubblica era stata proclamata a Roma, Venezia e Livorno; a Firenze si era costituito un governo democratico; la Sicilia restava in mano ai separatisti che si erano dati un governo ed una Costituzione di orientamento democratico; Brescia cacciava gli austriaci e Genova respingeva l’armistizio di Novara con una insurrezione repubblicana. Era scoccata, dopo la sconfitta delle diverse opzioni moderate, l’ora dei democratici e la loro attuazione più significativa fu la nascita, al centro della penisola, di un legittimo Stato repubblicano, democratico, laico e italiano, benché l’Europa fosse costellata di monarchie e animata da forti rigurgiti di antico regime. In una prima fase (9 febbraio-29 marzo), la Repubblica venne guidata da un Comitato esecutivo cui venne affiancato un Consiglio di ministri, costituito da un mix tra tecnici e rivoluzionari di antica data, e dall’Assemblea che si impegnò nella veste di legislatore costituente e di legislatore ordinario. Il Comitato adottò importanti riforme sul piano politico e giuridico, fronteggiò il caos amministrativo, il dissesto finanziario e i primi casi di insorgenza reazionaria, ma non affrontò con la dovuta energia le questioni dell’organizzazione militare e la ripresa della lotta nazionale. La seconda fase della Repubblica, che ha appunto inizio con la nascita del Triumvirato, venne politicamente dominata da Giuseppe Mazzini. Eletto deputato in una consultazione suppletiva il 24 febbraio e giunto a Roma la sera del 5 marzo, il patriota genovese impresse un indirizzo più energico al governo repubblicano, orientandolo verso la guerra d’indipendenza nazionale e la difesa militare, senza per questo interrompere l’azione di rinnovamento e modernizzazione delle istituzioni avviata in precedenza. Roma venne raggiunta da patrioti ed esuli provenienti da tutta la penisola e dall’estero, il triumvirato mazziniano proseguì l’opera di laicizzazione dello Stato (furono aboliti i tribunali ecclesiastici e confiscati i beni del clero) e di rinnovamento politico e sociale (tra l’altro, fu varata una riforma agraria che prevedeva la concessione di terre in affitto perpetuo alle famiglie più povere) delle antiquate strutture pontificie. Soprattutto si affermò un governo nazionale, incentrato sul richiamo al popolo-nazione cosicché qualunque categoria di cittadini (comprese quelle secolarmente escluse, come gli ebrei e le donne, che recitarono un ruolo di primo piano come infermiere, ausiliarie, giornaliste e combattenti a Roma e nelle principali città dell’Italia centrale) venne chiamata da Mazzini a partecipare alla costruzione di un mondo nuovo. Roma divenne in questi mesi una sorta di capitale della riconquistata libertà italiana. In uno Stato che abolì la pena di morte, riconobbe la piena libertà di culto e soppresse qualsiasi forma di censura sulla stampa, un’intera generazione di giovani, intellettuali, borghesi, patrioti, uomini dalle incerte convinzioni, reduci della prima guerra d’indipendenza, neofiti della politica si ritagliò uno spazio nella vita pubblica fino a pochi mesi prima inimmaginabile; l’intenso processo di politicizzazione animò, tramite i circoli popolari e i “luoghi di parola”, intensi dibattiti e una crescente partecipazione popolare, mentre ai limitati orizzonti della vita municipale subentrò la prospettiva di un’unità nazionale da conquistarsi sul campo. Nella foto la bandiera della Repubblica Romana.