Originario di Torremaggiore in Puglia, Sacco si trasferì in America per lavorare. Di idee anarchiche, finì giustiziato sulla sedia elettrica assieme a un altro italiano, Bartolomeo Vanzetti, anch’egli anarchico, con l’accusa di aver ucciso il guardiano e il contabile di un calzaturificio. Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all’epoca del loro processo; a nulla valse la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che scagionava i due. Sacco di professione faceva l’operaio in quella fabbrica di scarpe, mentre Vanzetti gestiva una rivendita di pesce. Furono uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 nel penitenziario di Charlestown, A cinquant’anni esatti dalla loro morte, il 23 agosto 1977 Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti. Alla base del verdetto di condanna – a parere di molti – vi furono da parte di polizia, procuratori distrettuali, giudice e giuria pregiudizi, una forte volontà di perseguire una politica del terrore suggerita dal ministro della giustizia Palmer e culminata nella vicenda delle deportazioni. Sotto questo aspetto, Sacco e Vanzetti venivano considerati due “agnelli sacrificali” utili per testare la nuova linea di condotta contro gli avversari del governo. Erano infatti immigrati italiani con una comprensione imperfetta della lingua inglese (migliore in Vanzetti, che terrà un famoso discorso, in occasione della lettura del verdetto di condanna a morte); erano inoltre note le loro idee politiche radicali. Il giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due bastardi anarchici (li chiamava spesso “Wops”, termine dispregiativo per indicare gl’individui d’etnia italiana, acronimo di WithOut Papers, ovvero gente senza documenti in regola e cittadinanza americana). Il Governatore del Massachusetts Alvan T. Fuller, che avrebbe potuto impedire l’esecuzione rifiutò infine di farlo, dopo che un’apposita commissione da lui istituita per riesaminare il caso riaffermò le motivazioni della sentenza di condanna. Si trattava di un periodo della storia statunitense caratterizzato da un’intensa paura dei comunisti, la paura rossa del 1917 – 1920. Né Sacco né Vanzetti si consideravano comunisti, e inoltre Vanzetti non aveva nemmeno precedenti con la giustizia, ma erano conosciuti dalle autorità locali come militanti radicali che erano stati coinvolti in scioperi, agitazioni politiche e propaganda contro la guerra.Sacco e Vanzetti si ritenevano vittime del pregiudizio sociale e politico. Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l’ultima volta al giudice Thayer:
« Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un radicale, e davvero io sono un radicale; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano […] se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già. »
Nella foto Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco in manette.