Appena ventun giorni prima della proclamazione dello Statuto albertino che farà del Regno di Sardegna una monarchia costituzionale, Carlo Alberto, un re famoso anche per le sue mille titubanze, emana le Lettere patenti che riguardano i Valdesi, fatti oggetto dai suoi antenati di persecuzioni anche crudeli; questo documento cosi’ si conclude:
“I Valdesi sono ammessi a godere di tutti i diritti civili e politici de’ Nostri sudditi; a frequentare le scuole dentro e fuori delle Universita’, ed a conseguire i gradi accademici”. È consuetudine che la sera del 16 febbraio nelle borgate delle Valli valdesi del Piemonte si accendano dei fuochi di gioia in ricordo delle “Lettere Patenti” che concessero loro libertà religiosa e pari diritti civili.
Intorno al falò si raduna tutta la popolazione al di là delle differenziazioni politiche, culturali, religiose, per una grande festa popolare. Impossibile dire quanti siano i falò che si accendono la sera del 16 febbraio sui fianchi delle colline del pinerolese e per le pendici dei monti della Val Pellice, della Val Chisone e della Val Germanasca. Qua e là, spontaneamente si formano delle fiaccolate che precedono l’accensione dei falò. Alle ore 20, si accendono i fuochi, intorno ai quali la gente si riunisce per cantare, ascoltare brevi messaggi e riscaldarsi con un bicchiere di “vin brulé” e cioccolata calda generosamente offerto dalle associazioni locali. Suggestivo è lo spettacolo dei tanti fuochi che illuminano la notte.
Il 29 marzo 1848 Re Carlo Alberto, sul campo dì battaglia di Voghera, firma un decreto col quale concede tutti i diritti agli ebrei ed agli altri acattolici. L’atto dà un peso alle comunità ebraiche e ciò fu immediatamente testimoniato dalla scelta del primo ministro Camillo Benso di Cavour di essere affiancato da un segretario personale ebreo. Gli ebrei giunsero in Piemonte a seguito della loro cacciata dal nord Europa.
La prima comunità si stabilì a Savigliano. Altre 18 seguirono. Di queste realtà sono rimaste oggi tre comunità attive: a Torino, a Casale Monferrato e a Vercelli, e 12 sinagoghe. Quasi ovunque però sono rimaste tracce dei ghetti e dei cimiteri ebraici.
Infatti, dopo il 1848, gli ebrei piemontesi poterono scegliere dove vivere e molti si allontanarono dalle città dove per generazioni avevano vissuto e lavorato.
Con la seconda guerra mondiale il processo di dispersione si accentuò e oltre la metà degli ebrei non tornò più ai luoghi d’origine.
Attualmente, in Piemonte vi sono circa 1.000 ebrei sui 30.000 esistenti in tutta Italia.
La maggior parte di essi si trova a Torino, dove la comunità ha un pensionato e una scuola ebraica che, unica in Italia, è aperta anche a studenti non ebrei.
Proprio nella Sinagoga di Torino resta un armadio dipinto di nero che testimonia il gesto di lutto che la Comunità Ebraica volle portare in occasione della morte del Re Carlo Alberto, che avvenne l’anno successivo alla loro emancipazione.
In quegli anni, sempre in segno di riconoscenza, furono molti i bambini ebrei che presero il nome di Alberto.
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Ricorrenza che va giustamente e gioiosamente celebrata, commemorando una liberazione sacrosanta per gli ebrei e gli evangelici valdesi; ma ch’è anche simbolica per qualsiasi altro credo e confessione. Purtroppo i Savoia insozzarono questo alto merito con le infami ed opportunistiche leggi razziali del 1938, ma questa data non ne è comunque rimasta cancellata.