di Roberto Bolzan
Il Mars Pathfinder è stato lanciato nel dicembre del 1996 ed è atterrato su Marte nel luglio 1997. E’ rimasto attivo per tre mesi ed ha mandato a casa una quantità immensa di informazioni sul pianeta rosso.
Nostra figlia era appena nata e nel suo libro personale, con le ecografie e le foto dei suoi primi anni di vita, è compreso un articolo su questa straordinaria missione, con il titolo “l’animale che striscia su Marte ha il cervello di uno scarafaggio”. Potete immaginare l’emozione che abbiamo provato rivedendola nel film, rintracciata, riattivata e di nuovo in grado di comunicare con la Terra. Ma è l’unica emozione del film.
Da sempre appassionati di esplorazione spaziale e di fantascienza non potevamo perderci il film di Ridley Scott, che narra di un astronauta (Mark Watney, interpretato da Matt Damon) che, erroneamente creduto morto, viene per errore lasciato sul pianeta, raccontando la sua lotta per la sopravvivenza e gli innumerevoli sforzi per salvarsi e tornare sulla Terra.
L’uomo, ingegnere meccanico e botanico, riempie una stanza del modulo spaziale con la terra di Marte, usa le proprie feci come concime (siamo nel bio da fantascienza, come si vede) e, dopo aver anche escogitato un modo per produrre dell’acqua tramite condensazione, riesce a creare una coltivazione di patate che gli potrebbe consentire di sopravvivere fino alla missione successiva, il cui arrivo su Marte è previsto 4 anni dopo. Nel frattempo la NASA si accorge che i moduli si sono spostati, si rende conto che l’astronauta è vivo e si adopera per una missione di salvataggio.
Dopo tentativi andati a vuoto in collaborazione con la Cina, alla fine sarà il vecchio equipaggio, che tornerà indietro con un carico di sopravvivenza, a riportarlo sulla terra dopo un rocambolesco rendez vuos nel quale si utilizzeranno tutti i mezzi già sperimentati anche in Gravity ed in Wall-E per muoversi nello spazio. Confesso che, a questo punto, ci aspettavamo perfino una propulsione a peti ma il regista, pavido, non ha osato. Ma avrebbe dovuto, secondo noi.
Il fatto è che Ridley Scott, bravissimo negli effetti speciali e nelle scenografie, continua a girare film privi di qualunque emozione. La riprova si ha rivedendo dopo anni i suoi film può famosi (Blade runner su tutti) e trovarli pieni anzitempo di muffa, e di fuffa. Chi ricorda di Alien qualcosa che non siano le mutandine di Sigourney Weaver, queste si emozionanti, ma insomma…? E dei duellanti?
Eppure non è che non sia capace: basti pensare a Thelma e Louise, ad Exodus. Non che non sia capace di inventare personaggi, Hannibal su tutti. Ma qui non c’è niente, anche se la storia si sarebbe prestata e noi ce la saremmo aspettato.
Ci saremmo aspettati anche la narrazione di un nuovo inizio dell’uomo, qualcosa come Robinson Crusoe, per intenderci. Un Venerdì marziano e la nascita di una nuova società su Marte. Questo avrebbe certamente migliorato il nostro giudizio, da malati del genere filosofico. Ma la storia è la narrazione di un ritorno e non riusciamo a concepire come si possa tornare a casa e rincontrare i compagni che si credevano perduti senza versare nemmeno una lacrima, senza nemmeno una contrattura del viso.
In conclusione, il film è leggero e piuttosto piatto, più attento a generare curiosità sugli aspetti scientifici e di verosimiglianza che a narrare una storia. A noi piace lo stesso perché siamo dei fanatici, ma vi avvisiamo: dura quasi due ore e mezza. Vi deve piacere il genere.