di Roberto Bolzan
Amiamo i film senza retorica, quelli secchi ed asciutti che mostrano le passioni senza zucchero e al di là delle parole usate per esprimerle. E questo lo è.
Amiamo anche i film che usano l’impalcatura della storia per ambientare la piccola nicchia di una vicenda individuale, dalla quale inevitabilmente derivano interesse e potenza. E non c’è dubbio su questo, lo è.
Amiamo, infine, e ci piacciono i filmoni lunghi che danno il tempo alla storia di svilupparsi compiutamente.
Siamo dunque corsi a vederlo all’uscita, fiduciosi, anche perché avrebbe tutti i requisiti per piacerci, tenendo conto del fatto che narra di una micronazione, di schiavi e di libertà, tutti temi che ci fanno andare in solluchero.
Trattasi sostanzialmente di un dramma storico ambientato durante la guerra di secessione americana. Racconta la storia vera del contadino Newton Knight (Matthew McConaughey, ottimo) e della sua ribellione armata contro l’esercito confederato.
Dopo essere sopravvissuto alla battaglia di Corinth (1862) Newton si nasconde nella palude insieme ad un gruppo di schiavi fuggitivi. Quindi, assieme ad altri piccoli agricoltori e con l’aiuto degli schiavi, indice una rivolta che porta la Contea di Jones (Mississippi) a separarsi dagli Stati della Confederazione, con la creazione di uno Stato libero di Jones. Lo stato aderisce all’Unione e proclama i seguenti principi: “nessun uomo resterà povero perché un altro diventi ricco; nessun uomo dirà ad un altro per cosa deve vivere e per cosa deve morire; quello che mettete nella terra è vostro da seminare e raccogliere e nessun uomo potrà portarvelo via; ogni uomo è un uomo, se cammini con due gambe sei un uomo.”
La guerra prosegue, con i suoi orrori, e gli scontri tra l’esercito confederato ed il piccolo gruppo di ribelli diventano sempre più frequenti e sanguinosi. Il culmine viene raggiunto al funerale di due ragazzini, impiccati dopo avere ceduto alle lusinghe dei confederati ed essere usciti dalla palude. Le donne e gli uomini nascosti nelle bare trasportate al funerale fanno strage dei militari, uccidendone il comandante.
Lo stato liberto di Jonas riesce a difendersi e ad arrivare alla fine della guerra civile, ma il riconoscimento di avere combattuto per l’Unione non arriva. Newton ed i suoi uomini si scontreranno con i problemi successivi alla fine della segregazione, con il Ku Klux Klan e con i proprietari terrieri. Questi continueranno a fare lavorare i neri nelle stesse condizioni di prima: invece della schiavitù, contratti vincolanti di apprendistato.
Separato dalla moglie Serena (Keri Russell), il suo matrimonio con l’ex schiava Rachel (Guru Mbatha-Raw, bellissima) ha dato vita alla prima comunità di razza mista del dopoguerra.
Nel film si inseriscono dei flashforward nei quali un discendente di Newton e della sua seconda moglie di colore che, anche se caucasico, è riconosciuto dal tribunale del Mississippi come “nero per un ottavo”, e il suo matrimonio con una ragazza bianca è quindi da invalidare.
Si tratta di un film dattiloscritto che segue senza passioni la storia straordinaria del contadino Newton, mettendo a nostro parere troppa carne al fuoco e nelle stesso sbrigando in 2 ore e mezza quello che, paradossalmente, si sarebbe potuto raccontare completamente in metà del tempo.
Nell’esigenza di esprimere la condanna dello schiavismo il regista perde il focus sulla più interessante storia dello stato libero, che poteva e doveva essere il fulcro della storia. con il risultato che la sua originalità si perde strada facendo.
Cosi con il finale caotico e sbrigativo, che a un certo punto non si capisce più se il film è su Newton o su questo discendente.
Così con la storia con la prima e la seconda moglie, semplificate all’eccesso fino a risultare inutili (bella però la scena della bianca che stringe al petto il figlio della nera, capace perfino di essere priva di facile retorica antirazzista: il regista ci piace, l’abbiamo detto all’inizio).
Niente scene in computer grafica (bene), realismo visivo, comparse e costumi d’epoca di panno spesso (molto bene), meravigliose immagini della palude (fotografia da applausi); sceneggiatura, come detto, confusa ed incongrua.
Rimangono due parole da dire sull’aspetto libertario, vero motore di questa rubrica: nonostante gli entusiasmi suscitati dal titolo, l’esperienza dello stato di Jones è stata tutt’altro che libertaria. Le notizie storiche ci dicono che Newton sottoponesse a tassazione coatta i contadini della zona, non si sa bene quanto felici di pagare per avere la sua protezione. Il fatto che l’esperienza sia scomparsa dalla memoria dovrebbe farci riflettere. L’altra cosa notevole è l’adesione all’Unione. Se questa poteva essere giustificata in guerra, quando non ci si poteva permettere il lusso di non schierarsi, rimane il fatto che, finita la guerra, benché avesse rifiutato qualsiasi tipo d’impegno politico, Newton cercò in tutti i modi di farsi accreditare sovvenzioni ed aiuti di ogni tipo, in cambio dei servizi prestati all’esercito unionista. Infine, la costituzione dello stato libero, che abbiamo riportato sopra: “nessun uomo resterà povero perché un altro diventi ricco”, che non ci piace per niente, a noi che siamo per la dura legge della libertà.