Oggi proponiamo la prima delle cinque puntate con le quali Andrea Babini ci racconterà una breve storia della sanità italiana dalla metà del 1800 ad oggi.
Un sunto per capire come è nato e si è evoluto il Sistema Sanitario Nazionale. Speriamo di farvi cosa gradita.
SANITA’ IN ITALIA. UNA STORIA SECOLARE TRA SALUTE E OPPORTUNISMO.
di Andrea Babini
Il mondo della salute è, nell’immaginario collettivo, percepito come dominio di un progresso inarrestabile destinato a regalarci in futuro sempre più vita e di sempre maggiore qualità. La maggior parte delle persone sono abbacinate dall’utopia di uno sviluppo tecnologico illimitato, quando non addirittura nell’illusione di un “diritto alla salute”, da realizzarsi costi quel che costi.
Uno sguardo al passato, e in particolare alla storia di come si sono evoluti i sistemi sanitari ed assistenziali, può riportare con i piedi per terra e permette di osservare come, quelle che oggi sono considerate rivoluzioni, siano in realtà operazioni e passaggi assai simili ad altri già visti in passato.
Nella trasformazione del sistema sanitario italiano entrarono in gioco molti fattori, l’aspetto medico ovviamente, ma anche aspetti sociali, politici ed economici e non vi è dubbio che la storia dell’intervento dello Stato Italiano nella tutela della salute può essere interpretata come una successione di provvedimenti rispondenti ai bisogni di salute dei cittadini, ma anche all’esito di lotte e contingenze politiche.
1) La sanità del “Libro Cuore”. (Parte prima)
Prima che avvenisse l’unità d’Italia, all’inizio dell’800, alcune comunità locali pagavano, in modo più o meno continuativo, un “medico precario” come sostegno alle famiglie meno abbienti. La percezione della medicina a quei tempi era assai confusa e dovete immaginare questi primi “medici sociali” cercare di farsi largo in un panorama nel quale i loro concorrenti erano le tradizioni e le superstizioni popolari, quando non veri e propri truffatori e ciarlatani. La prima norma relativa alla sanità pubblica italiana fu la Legge sabauda 3793 del 20 novembre 1859, ergo prima dell’unità italiana e, infatti, si andò applicando, poi, via via a tutti i territori annessi. Per intenderci su quanto poco la politica si occupasse di questi temi basti sapere che si trattò di una appendice aggiunta in tutta fretta alla riforma amministrativa. Con tale legge i sindaci di nomina regia divennero i primi “ufficiali sanitari” del Comune, nell’ambito di una scala gerarchica che partiva da loro per arrivare in alto al Ministero dell’Interni (in pratica la “salute dei poveri” era più questione poliziesca che igienico sanitaria). In buona sostanza dopo l’unità italiana un terzo circa degli abitanti del regno potevano essere assistiti da un medico, ma con livelli di trattamento assai differenti che andavano dal salasso con le sanguisughe a terapie farmacologiche ispirate a logiche mediche più moderne e scientifiche.
La scienza medica in quel periodo si orientò decisamente ad un ideale igienista e all’uso di farmaci, prevalentemente alcaloidi di origine vegetale, che venivano preparati nelle farmacie più all’avanguardia. Non è un caso che proprio in quel periodo in tali farmacie alle preparazioni standard (non esistevano ancora vere e proprie Farmacopee Ufficiali) si cominciarono ad affiancare alcuni prodotti a “marchio”, studiati da farmacisti particolarmente intraprendenti e preparati come, per citarne alcuni, Schiapparelli a Torino o Zambeletti e Carlo Erba a Milano (ma anche Angelini era una farmacia in origine) divenuti poi i capostipite delle principali aziende farmaceutiche italiane. Potrebbe divertirvi sapere, che per esempio Carlo Erba sperimentò medicamenti a base di cannabis indica nel 1848. Tutto questo però era appannaggio di chi poteva pagare e viveva nelle città.
Per tutta la prima fase della storia unitaria, e comunque finché governò la destra storica assillata dal problema dell’enorme debito pubblico, gli investimenti sulla sanità furono ridotti al minimo e l’assistenza medica era in realtà un fatto legato più alla carità dei privati verso i malati più poveri che alle istituzioni.
L’idea di un intervento dello Stato nella gestione della salute entrò nel dibattito politico nel 1876 con l’avvento al governo della “sinistra storica” liberale. In particolare fu Crispi a volerla perché vedeva in essa uno strumento per arginare l’influenza di nuove forme di organizzazioni sociali spontanee avverse alla sinistra storica, in particolare le Opere Pie controllate dalla Chiesa e le Società di Mutuo Soccorso.
Nate in seguito alla libertà di associazione concessa dallo Statuto Albertino, le Società di Mutuo Soccorso erano associazioni senza scopo di lucro, a cui le persone (soprattutto operai) aderivano volontariamente, su base territoriale e professionale, allo scopo di prestare “mutuo aiuto” e affrontare al bisogno spese di malattia, infortuni sul lavoro, disoccupazione, sostegno alle vedove e via discorrendo. Fino al 1871 tali società furono controllate politicamente da soci “onorari” di origini borghesi e piuttosto influenti, ma in quell’anno si unirono tra loro a livello nazionale in un “patto di fratellanza” di ispirazione mazziniana e quindi avverso alla monarchia.
In seguito all’avvento di una sinistra “storica” di governo più moderata si aprì uno spazio a sinistra e gli “estremisti” conquistarono nelle elezioni del 1882 ben 40 seggi in parlamento. Tre anni dopo le società di mutuo soccorso erano aumentate enormemente per numero e consistenza e questa tendenza spinse Crispi e i suoi a pensare a una riforma socio-sanitaria.
Il modello a cui Crispi si ispirò fu la Germania di Bismark; il cancelliere tedesco praticava una politica fortemente repressiva verso le organizzazioni politiche operaie, ma al tempo stesso tentava di contrastarne l’avanzata soddisfacendo direttamente alcuni bisogni dei ceti più poveri attraverso nuovi istituti pubblici. In pratica questo fece sì che la Germania avesse lo “stato sociale” più avanzato dell’epoca. Il momento decisivo arrivò quando a queste ragioni di opportunismo politico si unì l’impatto della opinione pubblica scossa dalla grande epidemia di colera che colpì Genova, Napoli e Palermo tra il 1884 e il 1887.
continua..