Già il titolo non rispecchia la storia. Che è la storia meravigliosa e straordinaria di una nazione indipendente nata per caso (o per necessità) al largo di Rimini. Incredibile, non fu incredibile.
Giorgio Rosa, missino, anticlericale, ingegnere benestante proclamò l’indipendenza dell’Insulo de la Rozoj il primo maggio 1968. Questa è la storia che andrebbe narrata, una storia parallela a quella della contestazione giovanile che proprio in quel momento aveva il suo maggio, diverso, parallelo e coincidente.
Ma «eravamo in sei. Medici, commercialisti, gente normale» ricordava l’ingegnere. Questa la parte interessante della storia.
Inutile aspettarsi tanto.
Il buon Sibilia ci confeziona una storiellina mainstream raccogliendo tutti gli stereotipi già logori del genere, nella quale l’ingegnere è un genio distratto, inventore di capacità quasi infinite (l’auto avveniristica, l’aereo autocostruito), che vuole conquistare l’amore di una ragazza compiendo un’opera impossibile. E riesce senza sforzo, con qualche lira raccattata dal suo socio in affari, in pochi mesi la struttura è pronta e si popola di scoppiati e persone assurde, donne incinte, tedeschi senza passaporto e via dicendo.
Alla fine dell’estate, passata in allegria tra balli e sci d’acqua, come tutti i sogni anche questo termina con la demolizione della struttura. Gli ultimi atti di eroismo brufoloso, un attimo di nostalgia e ripensamenti per il tempo che passa, poi lui si sposa con la donna così conquistata e vissero felici e contenti.
Il film non è sull’Isola delle Rose. E’ un film sulla Romagna e sugli ombrelloni, un film di amici che si divertono a fare cose incredibili, perfino di genio, un film sul tempo che passa e si diventa adulti, una specie di Mercoledì da leoni, però in riviera.
L’errata fisicità degli attori, il pesante accento dialettale volutamente accentuato, il contrasto con le immagini della classe politica ormai fuori tempo, tutto è congegnato per rendere ancora più macchiettista una storia che meriterebbe ben altro e più corposo registro.
Nessun dubbio che ai romagnoli piacerà tantissimo e vi troveranno infinite sfaccettature di godimento.