di Barbara Di
Ad un anno esatto dalla strage di Charlie Hebdo, passando per il Bataclan fino agli stupri di massa di Colonia e l’ultimo kamikaze fatto secco oggi a Parigi, sento ripetere sempre la stessa litania: “Non ci faremo sconfiggere. Non potranno mai vincere perché la nostra libertà è più forte di ogni oppressione. Difenderemo i nostri valori”.
Ah sì? Di grazia, quali sarebbero i nostri valori che contrapporremmo ai loro? Con quali valori pensiamo di vincere questa guerra di conquista che ci hanno dichiarato?
Già che Parigi va per la maggiore tra gli obiettivi dei terroristi, partiamo proprio dai tanto cari liberté, égalité, fraternité. Sarebbero questi?
Riconosco tanti meriti all’Illuminismo, ma mi chiedo da tempo se un paio di questi valori non siano diventati il problema anziché la soluzione, se non saranno la causa della nostra definitiva sconfitta, soprattutto quando sento troppi dire che sarebbero la nostra arma vincente.
Perché ad osservare cosa sono diventati oggi l’uguaglianza e la fraternità ritengo che non siano affatto compatibili con la libertà.
Belle idee in principio, fino a che siamo tutti uguali per dignità umana e diritti naturali, ugualmente liberi di ricercare la nostra felicità come più ci aggrada, non discriminati per accidenti di nascita. Non di certo quando qualcuno più uguale degli altri pretende di renderci uguali per legge, tratta in modo uguale azioni e persone diverse, vuole renderci tutti ugualmente mediocri alla ricerca del minimo comun denominatore che metta a tacere l’invidia e l’ignavia.
Fondamentale la collaborazione finché resta una scelta libera e consapevole, frutto dell’egoismo sociale, di quella straordinaria capacità tutta umana di comprendere che il gioco di squadra, l’unione di forze ed esperienze, la suddivisione dei compiti, lo scambio dei prodotti del nostro lavoro e l’aiuto di chi per disgrazia non riesce a provvedere a sé sono alla base della nostra evoluzione e del nostro benessere. Non di sicuro quando in nome di questa fraternità trasformata in assistenzialismo sottrae risorse a chi le ha guadagnate per darle ad altri che non hanno fatto nulla per meritarsele, giustifica ogni azione aberrante dando la colpa alla società che non ha aiutato i delinquenti ad evitare di delinquere, come se fosse inevitabile per propria libera scelta.
Perché se non ci intendiamo sul significato di libertà non capiamo che l’oppressione dello Stato Islamico non differisce di fondo da quella dello Stato parassitario e la guerra è persa in partenza.
Per me la libertà è il diritto naturale di soddisfare tutti i miei egoismi senza violare la Regola Aurea, senza fare agli altri ciò che non vorrei fosse fatto a me. È un concetto tanto semplice quanto incompreso e calpestato proprio in nome dell’abuso di fraternità e uguaglianza.
Sono libera se posso scegliere cosa fare della mia vita, se e come impegnarmi per soddisfare i miei desideri, quando e come provare piacere, se studiare, imparare un mestiere per fare il lavoro che ritengo più adatto a me, che mi permetta di produrre beni o servizi che altri in una società libera saranno altrettanto liberi di acquistare per soddisfare i propri desideri, fissando noi i prezzi sulla base dei nostri gusti e sulla reciproca e soggettiva scala di priorità, in un mercato libero dove emerge il merito, il lavoro è pagato per l’utilità che dà, dove l’impegno, il talento, l’intelligenza, le capacità, il genio sono premiati con quell’apprezzamento effettivo misurato con il denaro che posso guadagnare e spendere per essere libera di soddisfare i miei egoismi.
Ma sono davvero libera solo se mi assumo la responsabilità delle mie scelte. Ecco il valore mancante che uguaglianza e fraternità hanno distrutto in nome del primato della società, che rende la responsabilità collettiva e, quindi, di fatto inesistente. Dove tutti sono colpevoli nessuno risponde delle proprie malefatte. Dove tutti sono meritevoli nessuno ottiene ciò che merita veramente.
E allora quando il singolo né paga né conquista nulla per le sue azioni, ma ottiene solo elemosina da chi comanda promettendo benessere a chiunque, in fondo qual è poi la differenza con un animale allo zoo?
Bestie in cattività, pigre, annoiate, prive di stimoli, ma nutrite, protette, senza bisogno di darsi da fare per trovare il cibo da sé. I bisogni essenziali in fondo sono soddisfatti, per lo più si affezionano ai guardiani che le nutrono e non si può dire che manchi loro nulla per stare bene, se non quel fondamentale valore: la libertà.
E allora come pensiamo davvero di vincere questa guerra se l’unica differenza di presunti valori tra noi e loro è il guardiano che promette di nutrirci?
Il falso mito del benessere collettivo, dato dall’uguaglianza nella fraternità di un popolo, è vecchio come la civiltà, come le religioni, tutte accomunate dalla stessa truffa legalizzata di fondo: pochi uomini che ottengono il potere grazie ad un’utopia impossibile da realizzarsi per mancanza di risorse.
Perché il problema è sempre quello: una Natura che non ci regala niente se non ce lo conquistiamo a fatica giorno per giorno. E allora l’unico modo per far funzionare questa truffa è sfruttare chi produce, sottrarre loro quanto hanno guadagnato e darlo ai parassiti in cambio del loro appoggio per raggiungere il potere.
Ditemi quindi perché dovremmo vincere noi questa guerra quando abbiamo molto di meno di loro da promettere ai parassiti.
I loro banditori offrono paradisi di vergini, petrodollari, senso di rivalsa e di conquista del nostro bengodi, una bella gabbia dorata in cui si illudono di poter venire a banchettare a nostre spese e di stuprarci a piacimento. Noi offriamo questa sconsiderata e incondizionata accoglienza, sì, ma in banlieu, in ghetti, con sussidi statali da fame e nessuna possibilità di rivalsa e di conquista se non delinquendo impuniti, in cambio di voti. Voi cosa scegliereste se foste in loro?
Stiamo perdendo questa guerra perché noi avevamo qualcosa di meraviglioso da offrire, ciò che ci aveva fatto evolvere e conquistare davvero la prosperità, ma lo abbiamo perso per strada, proprio a causa della distorsione dei presunti valori di uguaglianza e fraternità: offrivamo la libertà di guadagnarsela la rivalsa sociale, di ottenere il benessere grazie ai propri meriti, di arricchirsi, di trovare da sé la propria felicità, di fare gioco di squadra, di scambiarci liberamente il frutto del nostro lavoro. E quando un essere umano fatica per ottenere quel che si merita non ha né tempo né voglia di credere alle utopie dei banditori. Ci pensa da sé a costruirsi la propria ricchezza e ne va fiero come nessun parassita potrà mai neppure immaginare.
Noi avevamo il merito, ma ci abbiamo rinunciato perché il prezzo da pagare era la responsabilità che è l’altro immancabile lato della stessa medaglia. Non può esistere uno senza l’altra. Si vince per le proprie scelte giuste, si perde per quelle sbagliate, ci si rimette in gioco e si riprova a fare meglio. È questa l’essenza della libertà. È questa la base della nostra evoluzione. È questo l’unico motivo per cui stavamo vincendo la lotta per la sopravvivenza.
Lo stato sociale ci ha tolto entrambi, l’assistenzialismo ci ha reso succubi dei parassiti che votano i guardiani che li nutrono purché restino nelle loro gabbie, rubandoci anche la libertà. Perché la carne di cui si nutrono è quella degli uomini che ancora tentano di produrre e di mantenere quel briciolo di libertà di soddisfare da sé i propri legittimi e meravigliosi egoismi, di crescere, di evolversi, di essere felici.
E allora intendiamoci quando diciamo che difenderemo i nostri valori.
Io lotto per difendere libertà, merito e responsabilità. E voi?
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