In occasione della commemorazione del trentennale dalla caduta del muro di Berlino, la nostra associazione ha deciso di organizzare un concorso “letterario” per gli studenti delle scuole medie superiori della provincia della nostra città. Si trattava di scrivere un breve tema sul “Muro” e su quel giorno di “straordinaria follia” e inviarlo a noi entro una certa data. Una commissione avrebbe valutato il tema migliore e l’autore sarebbe stato premiato con una piccola somma in denaro e un pezzo certificato del muro come souvenir messo cortesemente a disposizione dall’amico Luigi Quinto Leprai.
A pochissimi giorni dalla scadenza per inviarli, nessun tema era stato recapitato alla nostra casella di posta elettronica e noi eravamo già rassegnati a considerare “abortita” questa iniziativa che ci pareva invece molto interessante. Al contrario, proprio a fil di sirena una studentessa dell’Istituto Tecnico Commerciale Rosa Luxemburg ci ha inviato il suo lavoro.
Questo episodio può far sorridere, ma nel corso della manifestazione abbiamo premiato con gioia Sofia, che peraltro si è mostrata molto ben educata, ma disinvolta e brillante. L’abbiamo premiata volentieri perché aveva mostrato spirito di iniziativa, voglia di informarsi e di mettersi in gioco e perché con lei abbiamo premiato idealmente il suo professore, che le aveva suggerito di partecipare, in totale controtendenza rispetto all’indifferenza e all’apatia mostrate dal restante sistema scolastico superiore bolognesi, licei compresi.
Quello che dispiace, al limite, è che il tema di Sofia è bello e avrebbe potuto facilmente vincere anche contro agguerriti concorrenti.
Lo riportiamo qui sotto:
9 novembre 1989: la picconata che cambiò il mondo
Prima di parlare della nascita, ma soprattutto della caduta, del muro di Berlino bisogna partire da un concetto chiave: che cos’è un muro?Esistono diverse tipologie di muro, molte anche metaforiche, in ogni caso però si tratta di un qualcosa che divide, che stronca le connessioni, che non permette il dialogo.
Siamo forti o deboli se costruiamo un muro? Quanto siamo capaci a mediare tra 2 parti ostili? Incolpiamo gli altri se non sono come noi e quindi li isoliamo? Il diverso sta sempre nel nemico, chi è in difficoltà è sempre colui che deve ricevere compassione e che si deve difendere.
Ed è appunto per un apparente motivo di difesa che fu costruito il muro di Berlino, questo gigante egoista che tagliò in due tutto ciò che si trovava sul suo corso, comprese molte vite umane. Fu l’unica soluzione che la Germania dell’est seppe trovare quando il boccone da mandare giù, vedendo il prosciugamento della sua forza lavoro che si spostava nella Germania dell’ovest sapendo di poter avere un futuro migliore, era troppo amaro.
D’altronde l’economia del paese ha la precedenza su tutto, quindi cosa importa se per 28 anni costruiamo un muro, dividiamo famiglie, affetti, abbracci, quando in realtà stiamo facendo un favore alla nostra gente? La stiamo proteggendo dal movimento fascista dell’ovest, loro sono gli oppressori e noi siamo gli eroi.
Ciò che è assurdo è come una società si possa nascondere dietro a belle parole di circostanza, dietro a false promesse per servire poi su un piatto freddo la propria ipocrisia: un’ipocrisia che pende dalle labbra del benessere economico.
“Sparare per uccidere” era la frase che risuonava nelle orecchie dei soldati dell’est. Doveva difendersi o attaccare quindi la Germania orientale?
La barriera che fu creata era un pretesto per difendersi dalla mescolanza, dallo scambio, da azioni naturali nelle comunità umane, ma che suscitano paura quando si è il più debole e qualcuno può imporci la sua forza.
Per rendere più credibile questa presa di posizione portando al primo posto sul podio la gente della Germania dell’est bisognava far circolare qualche leggenda metropolitana per denigrare l’altra parte. Perché non creare dei pregiudizi e far credere che gli abitanti di Berlino ovest siano arroganti ed egocentrici?
L’ideale dell’ostrica di Giovanni Verga è un esempio della società tedesca negli anni del muro: chi cerca di cambiare sé stesso e la propria condizione andrà sempre incontro al proprio fallimento.
E infatti il fallimento del muro iniziò a presentarsi, anche se in modo impercettibile, dai primi anni ‘70 quando dietro ad ogni ammorbidimento parziale dei controlli nell’area del muro venivano fatte concessioni di credito occidentali. Era come se l’intera popolazione berlinese fosse stata rapita e per permettere il libero passaggio degli ostaggi bisognava pagare un riscatto.
Arrivò poi il 9 novembre 1989 e ciò che suscitò stupore fu che il crollo del muro era il risultato di un malinteso. Ma come, la Germania dell’est tutta attenta ed estremamente precisa nel far rispettare le regole relative a questa vergogna invalicabile aveva commesso un errore? Quel giorno, un portavoce del governo di Berlino est annunciò che sarebbero stati disposti dei cambiamenti nella politica dei viaggi all’estero. Questa frase fu interpretata dalla popolazione come la dichiarazione del crollo imminente del Muro, che accorse al varco in attesa dell’apertura delle frontiere.
Nei giorni e settimane successive molte persone si precipitarono ad abbattere questa barriera fisica che non avrebbe più separato nessuno.
Il paradosso sta nel fatto che la costruzione del muro doveva impedire la fuga verso ovest dei tedeschi dell’est, ugualmente il muro venne aperto per evitare che i tedeschi dell’est andassero ad ovest attraverso altre vie.
Possiamo quindi ritenerci fieri e orgogliosi della costruzione di un muro o sdegnati e pieni di ribrezzo sapendo della sua inutilità e della carneficina che produrrà?
Sofia Farnè
Sara Quadrelli
17 Nov 2019Questo componimento mi è piaciuto un sacco. Complimenti vivi a Sofia, acuta e straordinaria nell’ interpretazione del tema, al suo Professore e naturalmente al Dito nell’ Occhio per l’ iniziativa e per il generoso premio donato..e a tutti coloro che sostengono l’ Associazione economicamente e sentimentalmente.