SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA.”La favorita” di Yorgos Lanthimos (2018)

di Roberto Bolzan

Ho letto un folle, che Dio lo perdoni, che ha paragonato questo film a Barry Lyndon ed ha evocato Kubrick a proposito di un brano di Schubert che ha orecchiato nella Favorita.
Non è la prima volta che succede, anche nel Sacrificio del cervo sacro si osava il paragone con 2001, odissea nello spazio. Allora il pretesto erano le musiche di Ligeti.
Immagino quindi che nell’ufficio stampa di Lanthimos ci sia qualcuno particolarmente aggressivo e cha la scena sia questa: “Vediamo un po’: Kubrick. Non si capisce niente nei suoi film, ma era un mito, ‘sto vecchione. Usiamolo.”.

La storia di per sé è intrigante, non c’è che dire. Siamo in un momento cruciale della storia d’Inghilterra. Anna (Olivia Colman) diviene la prima regina del regno di Gran Bretagna, che uni all’inizio del ‘700 Inghilterra e Scozia. Incapace di portare a termine una gravidanza non ebbe discendenti e con lei finì il dominio della casa degli Stuart. Il padre, Giacomo II, non potrà regnare perché cattolico. Anna, malata e priva dell’educazione necessaria per esercitare le funzioni regali, fu una regina debole; sotto il suo regno iniziò a strutturarsi il sistema di partiti (tories e whigs) che perdura tutt’oggi.
Per un lungo periodo del regno di Anna il potere effettivo fu esercitato dai Marlborough e in particolare da Sarah Jennings (Rachel Weisz), moglie di John Churchill, uno dei più importanti generali dell’epoca, Anna era la sua più intima amica e una dei suoi più influenti consiglieri. I rapporti tra Anna e la duchessa di Marlborough si deteriorarono durante il 1707. Anna cominciò a preferirle Abigail baronessa Masham (Emma Stone) fino ad esiliare la prima mentre iniziava negoziati con la Francia per la fine della guerra. Parliamo della guerra di successione spagnola.

Il resto è #metoo.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Moonwalkers” di Antoine Bardou-Jacquet (2015)

di Roberto Bolzan

Che l’uomo sia o non sia andato sulla Luna, diciamocelo, è del tutto insignificante. Cioè, chi se ne frega, alla fin fine.

La quantità di chiacchiere e di ipotesi che si sono fatte su questo è di gran lunga più appassionante. Volete mettere? da una parte un’operazione certo ardita ma tutto sommato oggi replicabile senza tanti problemi, non più meravigliosa ed incredibile come all’epoca; dall’altra la produzione intellettuale nel cercare di dimostrare la fattibilità di un falso così impegnativo.
Nel film, intelligentemente, il tema è messo subito sul tavolo: come facciamo a nascondere la truffa? “Semplice” gli rispondono “come hanno fatto gli egiziani per nascondere l’ingresso delle piramidi”. L’agente segreto capisce quindi che alla fine sarà eliminato per chiudergli la bocca e deglutisce, nervoso.

Alla vigilia del lancio dell’Apollo 11 il comando americano metta in cantiere un finto sbarco da studio da mandare in onda in mondovisione se le cose dovessero mettersi male lassù.
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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Roma” di Alfonso Cuarón (2018)

di Roberto Bolzan

Diciamo subito, per toglierci il pensiero, che il bianco e nero disturba parecchio. Noi, che dobbiamo forzare un proposito che abbiamo fatto da tempo (mai film in B/N); il regista, che deve darsi a virtuosismi di messe a fuoco perfette, fori stenopeici, calibratura dei toni e immagini graficamente perfette, quando sarebbe molto meglio che si fosse dedicato interamente alla storia.

Tra immagini di mattonelle, panni stesi tra mille gradi di trasparenza ed altri grafismi si dipana lentamente la storia di una famiglia borghese che nei primi anni ’70 vive nel quartiere Roma di Città del Messico. Padre (che se ne va subito), madre, nonna, quattro figli, due domestiche ed un cane scagazzone che svolgono i compiti quotidiani tra mille scosse ma senza provocarci brividi.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Bohemian Rhapsody” di (Bryan Singer) Dexter Fletcher (2018)

di Roberto Bolzan

Da tanti anni non ci capitava di vedere un film in prima fila angolata e questo ci ha fatto tornare anche spiritualmente all’epoca per noi eroica nella quale è ambientato il film, quando non si poteva prenotare il posto e si frequentavano i cineclub.

Ci siamo perciò goduti fino in fondo la scomodità, omaggio ai bei tempi ahimè andati ed alle atmosfere del tempo che fu. Perché oggi, tempi di identità non binarie e Lgbtqi e chi più ne ha più ne metta, vedere un Freddy Mercury un po’ vergognosetto negli approcci con i maschi ci è apparso come un salutare ritorno ad una tradizione  sana e quasi bacchettona.

Che poi, i Queen! a parte le canottiere candide di Freddy non hanno mai trasgredito granché e anche nel film si dichiarano elettricisti mancati, avvocati o comunque carriere ben allineate. Al massimo qualche vestito da donna. Niente a che vedere con i Sex Pistols, con i Van der Graaf, con i Led Zeppelin, con i Deep Purple, con i Doors. Questi si li abbiamo amati torbidamente, con il cuore in subbuglio e con l’anima tesa verso il peccato. I Queen mai. (altro…)

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “First Man – Il primo uomo” di Damien Chazelle (2018)

di Roberto Bolzan

Aspettavamo, ovviamente, la fatidica frase sul grande balzo dell’umanità e purtroppo non c’era modo di evitarla. Comprendiamo l’imbarazzo del regista di fronte a questa gravosa necessità e siamo contenti di non essere stati al suo posto. Retorica al massimo grado, quindi, ma, va detto, solo in quell’istante e mai più, per due ore abbondanti di film che, invece, ne avrebbe consentita in quantità industriali.

Il resto è il massimo del godimento: rumori, silenzi, immagini, primi piani, dialoghi minimali, una storia che alterna le vicende che conosciamo bene con la vita privata ed i dolori di Neil Armstrong. A questo punto dobbiamo dichiarare che crediamo che l’uomo sia andato sulla Luna, se non altro per l’intimo piacere di farlo e perché non c’è ragione di non farlo. Ma lasciamo libero chi legge di credere che sia stata una finzione girata a Hollywood.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Halloween” di David Gordon Green (2018)

di Roberto Bolzan

Per i cinefili c’è un periodo dell’anno veramente importante, e non sto parlando di Cannes ma di Halloween. E’ un periodo di grandi attese che  termina con qualche gioia e inevitabilmente tanti dolori, Questo almeno a partire da esattamente 40 anni fa quando un quasi sconosciuto Carpenter (benché avesse già girato un capolavoro come Precinct 13) ha prodotto con niente (300.000 dollari) e in 20 giorni il capostipite Halloween.

Non faremo come una nostra illustre collega che recensisce il film parlando solo di quello di Carpenter. Non ci sottraiamo mai alla necessità della cronaca, per quanto siano a volte tristi doveri. Certo che la tentazione è forte.

Il seguito di Halloween 1978 ricalca, infatti, per lo più fedelmente che più fedelmente non si può la storia originale. Non la raccontiamo, è un classico ormai della cultura popolare.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Agora” di Alejandro Amenábar (2009)

di Roberto Bolzan

Di questi tempi, a ridosso di Ogissanti, dovremmo in realtà occuparci di altri film appena usciti, ma abbiamo promesso di scrivere una recensione di tanto in tanto su film che trattano il medio evo. E quale occasione migliore di questa, sapendo che martedì prossimo il nostro Andrea Babini racconterà la storia di Ipazia d’Alessandria nel terzo capitolo della sua monumentale storia del medioevo in Italia ed Europa?

E allora parliamo di questo film di una decina di anni fa, violentemente anti cristiano, vero,

Ad Alessandria d’Egitto, sotto la dominazione romana nel quarto secolo dopo Cristo, l’astrologa e filosofa Ipazia lotta per salvare il sapere del suo antico mondo dalla distruzione. Nel frattempo, il suo schiavo Davo è combattuto tra l’amore per la padrona e la possibilità di guadagnare la libertà unendosi al Cristianesimo.
Ipazia, ultima erede della cultura antica e massima espressione di una lunga evoluzione civile e di una libertà di pensiero che non si rivedrà più fino all’epoca moderna, viene travolta dalla crisi del mondo pagano che non ha saputo capire e proteggersi dal nascere e dal dilagare di movimenti religiosi sempre più fanatici e intolleranti.
Ci sono due uomini, convertiti, che lottano per il cuore della filosofa, che però dedica la sua vita alo studio delle coniche, prefigurando e anticipando di molti secoli le teorie eliocentriche di Keplero. Al termine della storia il vescovo Cirillo, nella sua opera per liberare la città dagli ebrei e dai pagani, condanna Ipazia e le sue milizie, i paraboliani, la catturano e la uccidono in modo atroce.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini (2018)

di Roberto Bolzan

Chi ci segue su questa rubrica sa quanto siamo prevenuti sul cinema italiano contemporaneo e di quando lo snobbiamo impietosi.

Sgombriamo il campo da qualsiasi equivoco e lo diciamo chiaramente: Sulla mia pelle è un film veramente bello, intelligente e di valore.

La vicenda è quella nota di Stefano Cucchi, trentenne romano che viene fermato per droga, passa la notte in una stazione di polizia, forse viene picchiato, si vede convalidare l’arresto, a causa di forti oolori conseguenti ad una frattura delle vertebre viene ricoverato nella clinica penitenziaria del Gemelli e qui muore dopo qualche giorno per cause non ben chiare ma probabilmente legate ad un grave stato di denutrizione e di disidratazione.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Un tranquillo weekend di paura” di John Boorman (1972)

di Roberto Bolzan

Burt Reynolds, che ci ha lasciato in questi giorni, ha avuto la grande fortuna di incontrare un regista superlativo come John Boorman in un film straordinario come Deliverance (Un tranquillo week end di paura, come è stato felicemente tradotto in italiano).

Quattro amici decidono di lasciarsi alle spalle la città per un weekend e di scendere in canoa un fiume che verrà presto deviato da una diga in costruzione.
I quattro conoscono subito la poca ospitalità degli abitanti del luogo che vivono in povertà e in alcuni casi con figli menomati da tare genetiche.
Iniziata la discesa a violenza esploderà per iniziativa di due rudi montanari che aggrediranno il gruppo.
Nella battaglia che si scatena nella foresta morirà uno degli amici ma i tre sopravissuti, arriveranno, sconvolti e trasformati, alla fine del viaggio.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “The Terminal” di Steven Spielberg (2013)

di Roberto Bolzan

La vicenda della Diciotti ci fa venire in mente un film di qualche anno fa che prende spunto, tra l’altro, da una vicenda realmente accaduta all’aeroporto Charles de Gaulle all’iraniano Mehran Karimi Nasseri che aveva smarrito i documenti di rifugiato rilasciati dal Belgio e che per questo ci è rimasto per 18 anni.

Questa storia si svolge a New York. Viktor Navorski (Tom Hanks) è un turista dell’Europa dell’est. Mentre è in volo per l’America, il suo paese (la Krakozhia) viene colpito da un colpo di stato. Di conseguenza il passaporto gli viene invalidato e quindi gli viene vietata l’uscita dall’aeroporto. Nello stesso tempo non gli viene più consentito di rientrare nel suo paese, che non è riconosciuto dagli Stati Uniti.
Viktor è costretto a rimanere nella zona franca dell’aeroporto per mesi, finché le relazioni diplomatiche tra i due paesi evolveranno fino a permettergli di uscire.
Mentre le settimane diventano mesi, Viktor scopre come il micro universo del terminal sia un ricco e complesso mondo di assurdità, generosità, ambizione, divertimento, ceti sociali e perfino romanticismo..Le relazioni con il personale dell’aeroporto ed una storia d’amore con una hostess (Amelia Warren – Catherine Zeta-Jones) sono ‘oggetto della narrazione.

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SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “USS Indianapolis” di Mario Van Peebles (2016)

di Roberto Bolzan

Film che canta le armi e gli eroi (anzi, giustamente, l’eroe), le uniformi e le foto, le gambe abbronzate, le ragazze, gli amori, le lettere, la giovinezza e le scazzottate. Gli ufficiali, le divise immacolate, le responsabilità e l’onore, il nemico, la lealtà. E l’oceano, il Mar delle Filippine infestato da squali e musi gialli.

Nel 1945, agli sgoccioli della seconda guerra mondiale, l’incrociatore USS Indianapolis trasporta in gran segreto Little Boy, la prima delle due bombe atomiche lanciate sul Giappone. Durante il viaggio di ritorno la nave, simbolo della potenza bellica americana, viene affondata da un siluro giapponese al largo delle Filippine.
Trecento moriranno subito. I novecento superstiti rimarranno attaccati alle poche scialuppe ed in mare aperto per cinque giorni in quanto, essendo una missione top secret, l’SOS non verrà mai recepito. Solo un terzo di loro sopravviverà alla disperazione e agli squali e il capitano Charles Butler McVay (Nicholas Cage), loro comandante, dovrà anche prendersi responsabilità non sue e affrontare un lungo e logorante processo. Verrà parzialmente assolto ma questo non impedirà le consegunze estreme che ne verranno. (altro…)

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