SCIACK! IL DITO NELL’OCCHIO AL CINEMA. “Animal House” di John Landis (1978) con John Belushi
di Roberto Bolzan
Erano i Delta contro le regole. Le regole persero!
La fama di Belushi inizia con il Saturday Night Live. Dopo avere lavorato nello show National Lampoon’s Lemmings, una parodia del Festival di Woodstock che, invece di avere come slogan “tre giorni di pace e musica”, aveva “tre giorni di musica, pace e morte”, il Saturday Night Live diede alla folle esuberanza di Belushi il modo di esprimersi al meglio, con parodie sovraccariche e totalmente sregolate, spesso geniali.
Nel 1978 John Landis gli chiede di partecipare al film che sta preparando, una commedia satirica sulla falsariga di American Graffiti, appena uscito. Chi più dell’esuberante Belushi, nei panni di Bluto Blutarsky poteva essere indicato per trasgredire le ferree regole del college? Il futuro fratello del blues è la vera forza dirompente della pellicola di Landis: si schiaccia lattine di birra vuote sulla fronte, divora hamburger in un sol boccone e beve una bottiglia di whisky tutta d’un sorso, tanto che non è possibile parlare del film senza occuparsi di lui.
1962, in piena presidenza Kennedy, l’uomo della Nuova frontiera americana, del nuovo sogno. Due matricole del College Faber vogliono iscriversi a uno di club studenteschi. Rifiutati dall’Omega, frequentato dagli studenti di buona famiglia, trovano accoglienza allo sregolato Delta in cui l’elemento di punta è John Blutarsky (Bluto), sporco, grasso e maleducato.