C.O.N.I.soldituoi. Olimpiadi e debiti

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di Nicola Onnis

Le olimpiadi piacciono a tutti. Belle, giovani, sane. Con il loro carico di buoni sentimenti decoubertiani e il carattere dilettantistico perché, si sa, i soldi rovinano tutto ciò che toccano. C’è anche quel tripudio di bandiere, l’orgoglio nazional-patriottico che, guarda caso, raggiunse le più alte vette proprio a Berlino nel 1936.
Con questi presupposti gli amministratori di tutto il mondo hanno sempre fatto a gara per ospitare le olimpiadi. Dalle prime olimpiadi moderne di Atene 1896 ad oggi, i giochi olimpici son diventati l’ideale occasione per mostrare impareggiabili capacità organizzative, impianti e strutture moderne ed efficienti, meraviglie paesaggistiche ed eccellenze produttive che lo stato ospitante ha da mettere in vetrina e… cercare di vendere.
Va detto che nell’arco di questi 120 anni siamo passati dai 245 atleti di Atene 1896 ai 10500 di Londra 2012 (più 4700 dei giochi paraolimpici), dalle 14 nazioni partecipanti di Atene alle 205 di Londra. I giochi, ammantati di tanti buoni propositi, non potevano limitare l’iscrizione ai soli sportivi in grado di superare selezioni rigorose nelle specifiche discipline, era doveroso estendere il “diritto ai giochi” ai più, fino al caso emblematico della stravagante squadra di Bob a quattro della Giamaica. È vero, oggi viaggiare è molto più economico, è più semplice e ordinario spostare persone e merci da un continente all’altro. Il mecenatismo capitalista fa la sua parte con gli sponsor e i diritti televisivi contano fino a decidere gli orari delle singole competizioni. Non cadiamo però nell’equivoco che i proventi dei diritti tv siano appannaggio del paese ospitante. Questi sono nella totale disponibilità del Comitato Olimpico Internazionale che li usa per promuovere lo spirito sportivo nel globo. La sete di fondi del CIO si abbina bene alla necessità dei network privati e pubblici di programmare i loro piani industriali per tempo. Infatti, nonostante non si sappia dove si svolgeranno fino al luglio 2017, i diritti tv delle olimpiadi 2024 sono già stati venduti. Discovery tv si è aggiudicata l’esclusiva dei giochi 2024 per tutta Europa (Russia esclusa) per la modica cifra di 1,3 miliardi di euro. A cascata la Rai si è garantita l’esclusiva nazionale per 65 milioni di euro. Non occorrono quindi particolari doti per intuire l’enorme spesa che oggi le casse pubbliche della nazione ospitante devono sostenere. Atene 2004 partiva con una previsione di spesa di 3 miliardi. In realtà ha visto lievitare i costi (il sole24ore scriveva di 15 miliardi) forse a causa di arretratezze strutturali ben più difficili da colmare rispetto al previsto. Non a caso i giochi furono considerati in Grecia come un preciso momento di ammodernamento radicale del paese. Pechino 2008 è costata 43 mld, circa lo 0,5% del PIL cinese. Londra 2012 è costata 13 mld, circa lo 0,6% del PIL britannico. Prendendo per valida questa tendenza, “l’investimento” per un’eventuale Roma 2024 sarebbe di almeno 10 mld, ammesso che il nostro PIL rimanga ai livelli attuali. La mia paura è che questa stima sia al ribasso, basti considerare che le olimpiadi invernali di Torino 2006 costarono circa 5 miliardi.
Con l’incedere della crisi globale cominciano a vedersi candidati che si fanno da parte. Boston ha ritirato la sua candidatura per volere dei suoi stessi amministratori. Troppo rischioso organizzare sotto lo sguardo attento di una opinione pubblica diffusamente ostile al conseguente ineluttabile innalzamento delle tasse ai contribuenti. Pensate che se per Roma 2024 fossero “solo” 10 i miliardi di spesa, questi graverebbero sul capo di ogni italiano per circa 160 euro. Anche Amburgo si è ritirata a seguito di un referendum che ha espresso parere negativo. Al contrario, in Italia la candidatura di Roma è presentata dai politici tutti come un’ennesima occasione per rilanciare il paese se non addirittura per mostrare al mondo un nuovo splendore già consolidato. Nel paese dove c’è una legge per tutto non ne esiste una che dia alla cittadinanza romana la possibilità di esprimersi sull’ argomento attraverso una consultazione referendaria. Fiato alle trombe quindi. Impianti, viabilità, ricettività, servizi. La macchina organizzativa è accesa, i cavalli a vapore scalpitano, e a nessuno importa verificare proprio lì, a Torino, lo stato di abbandono di importanti strutture. Il problema delle olimpiadi, come anche dimostrato dal recente expo di Milano, è che le opere dedicate a questi eventi sono difficilissime da utilizzare quando si torna ad un regime ordinario. Pare inoltre che non venga mai presa in considerazione l’opportunità di rivendere a privati opere come il villaggio olimpico o la scelta di progettare impianti sportivi che possano ospitare eventi diversi da quelli per cui sono nati. Tutto deve rimanere a disposizione della collettività e le buone intenzioni non mancano mai. È una sorta di usa e getta che, al contrario di un gillette, continua imperterrito a generare costi di gestione nonostante il suo inutilizzo e abbandono.
Io, in tutta sincerità, non organizzerei una festa a casa con le sedie sgangherate, lo stereo che gracchia e le briciole nel divano sfondato, perché a me pare questo lo stato odierno del nostro paese. Di sicuro non andrei a comprare divani nuovi e home theatre da usare una sola sera… a debito.

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