Logistica di una riforma istituzionale

Come confutato precedentemente (qui e qui), una buona costituzione giuridica è inutile se non supportata da architetture costituzionali che la difendano. L’elenco e la descrizione dettagliata di tali architetture è qui (scetticismo politico).

In questo articolo ci proponiamo di individuarne le modalità di introduzione (logistica). Che sono esattamente tre, da utilizzarsi a seconda della riforma stessa:

A] Immediata. Per quelle modifiche la cui introduzione non richiede tempi lunghi (per la necessità di istituti adeguati) né rischia il tracollo della funzione politica esistente (tipo il collasso del bilancio o la paralisi della giustizia).

B] Lunga. Quella per cui è necessario del tempo per istituire nuove strutture non ancora esistenti, o per la semplice necessità di tempo (come ad esempio la vendita di tutte le attività pubbliche a scopo di lucro).

C] In progressione territoriale. È la modalità per le riforme che non potrebbero essere realizzate contemporaneamente ovunque, perché rischierebbero di causare il collasso di funzioni collegate a quella riformanda (tipo il bilancio nazionale con la riforma fiscale). La soluzione sta nella progressione territoriale. Le prime regioni riformate costituirebbero anche un test per l’ottimizzazione della riforma, da adottarsi in seguito nelle regioni con amministrazione più complessa e radicata.

ESEMPI

A] ESEMPI DI RIFORMA IN MODALITÀ  IMMEDIATA:

I primi due articoli della Costituzione sono ora completamente inutili. Sacrosanto, quindi, l’istituzione del classico elenco dei diritti inalienabili (dettagli qui), ispirato da un preambolo adeguato (dettagli qui), a sostituzione dell’art. 1 della Costituzione. Imposto come base del sistema giuridico, con prevalenza su ogni articolo successivo per annullare le note stupidaggini che seguono) e sanzionabilità del funzionario pubblico, Da cui anche la nuova definizione di pena (dettagli sempre qui).

Riforma del secondo articolo della Costituzione, a dettagliare i diritti derivati da quelli elencati nel primo articolo (dettagli qui e qui).

Riforma anche del terzo, che tratta di isonomia della legge e di solidarietà sociale, per impostarla in modalità liberalista (dettagli qui).

Attribuzione al Presidente della Repubblica, da eleggersi direttamente, del potere di garanzia costituzionale (in particolare dei diritti inalienabili dell’individuo, di cui sopra), con controllo di maggioranza della corte costituzionale, replicata in differenti specializzazioni per ogni diritto, mediante nomina della maggioranza dei rappresentanti, e con descrizione degli apparati di sorveglianza al suo servizio (già è capo delle forze armate).

– Separazione effettiva dei poteri legislativo, esecutivo e di garanzia (Presidenza della Repubblica), con differenziazione dell’elettorato (dettagli qui) e separazione fisica e relazionale dei rappresentanti. Questa modifica, anche se sembra piccola, costituirebbe una picconata mortale al sistema dei partiti. Non è una chimera: la separazione dei poteri (vedi esempi, dalla Svizzera a Taiwan) annulla la partitocrazia.

– L’attribuzione ad una delle camere (al Senato) della rappresentanza delle Regioni, ognuna con potere di veto locale.

La replica a livello Regionale e Comunale delle architetture di cui sopra (le province possono restare come suddivisione amministrativa interna delle regioni, e come rappresentanza indiretta dei comuni, così come le counties lo sono negli stati americani).

Retribuzione delle cariche elettive pari al solo rimborso della differenza (se negativa) tra il reddito precedente l’elezione e quello successivo. Perché l’attività politica non può essere a scopo di lucro. Ma neanche svantaggiosa. Semplicemente, neutra.

– Riforma del sistema di informazione pubblica, eliminando le parti ludiche e promozionali, con gli obiettivi della massimizzazione delle opinioni (pluralismo) sugli argomenti di attualità, ma con rigorosa separazione tra dati di fatto ed opinioni, e rimozione degli altri strumenti della demagogia quali le offese, i toni ed i gesti enfatici. A gestione ministeriale, ma a sorveglianza del PdR. ([1])

– L’organizzazione della selezione dei collaboratori esecutivi dei ministri, da pescarsi all’interno dei ministeri per garantire minimi di competenza (dettagli qui).

– Studio ed eventuale ottimizzazione della dimensione delle Regioni, al fine di armonizzarne la dimensione e permetterne la gestione delle competenze ora delle province. Vi sono regioni che sembrano troppo grandi e popolose per questo. Un esempio: L’ER può separarsi in Emilia e Romagna, quest’ultima includendo Pesaro. Val d’Aosta e Trentino potrebbero includere ulteriori territori montani, ora parte di altre regioni. Ovviamente, previo referendum in tali territori.

 

B] ESEMPI DI RIFORMA IN MODALITA’  LUNGA:

– La vendita di tutte le attività pubbliche a scopo di lucro. Anche le “partecipate”, anche quelle in perdita, senza limitarla a compratori italiani.

– La riforma della gestione demaniale: riclassificazione, individuazioni di responsabilità dirette dei funzionari, loro sorveglianza indipendente, finalità. Vendita di ogni specie di demanio che non abbia un’utilità come proprietà condivisa (definizione qui), ed individuazione della comunità condividente.

– L’istituzione di un apparato di sorveglianza per il potere di garanzia, in ognuno dei tre livelli verticali (Presidente della Repubblica, Governatore di Regione, Sindaco). Tali istituzioni dovrebbero pescare inizialmente dagli stessi apparati che dovranno sorvegliare, al fine di garantire la competenza, ma avranno competenze territoriali separate da quelle di origine, per evitare collusioni.

– La riforma carceraria, per permettere ai detenuti di scontare la pena secondo la nuova definizione di rimborso, risarcimento e deterrenza.

– La riforma della funzione urbanistica, ai fini di proteggere i soli diritti inalienabili dei residenti (dettagli qui).

 

C] ESEMPI DI RIFORMA IN PROGRESSIONE TERRITORIALE:

– Riforma del sistema fiscale, ad impostazione federale (dettagli qui) e basato sulle deduzioni, anziché sulle detrazioni (dettagli qui). Riforma del sistema pensionistico (dettagli qui). Perché la riforma immediata e totale potrebbe significare la bancarotta. È meglio iniziare dai territori che contribuiscono meno al gettito, per non comprometterlo. L’arricchimento progressivo di questi territori comporterà un rapido recupero di gettito fiscale, permettendo quindi la riforma anche nelle ragioni ora più sviluppate. La candidata ideale in cui iniziare sarebbe la Sardegna. Successivamente, le altre regioni a statuto speciale.

– Riforma della magistratura. Perché è impossibile riformarla da un giorno all’altro. È necessario raddoppiarla, e lasciare che la prima vada in estinzione. Ed è auspicabile che questo venga fatto prima in Regioni in cui l’attività è meno intensa. La candidata ideale è sempre quella di prima.

– Riforma delle competenze amministrativa in favore degli enti locali (devoluzione amministrativa). Anche in questo caso, il trasferimento non potrà essere che progressivo, partendo dalle regioni amministrativamente meno complesse. Questa riforma agevolerebbe anche una successiva riforma per la fallibilità degli enti pubblici,

E così via… l’elenco completo è sempre quello linkato qui

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Note a pié di pagina

[1] Questo argomento importantissimo è spesso oggetto di critiche. Perché i “dati di fatto” sarebbero impossibili da individuare. In primis, non è vero: il dato di fatto è sempre che “la tal fonte à scritto questo: cit …”. In secundis, questa osservazione è superflua. Se il dato di fatto non c’è, l’importante è che vi siano le opinioni, ma soprattutto che vengano presentate come tali. La chiave è quest’ultima.

La seconda obiezione è che, nonostante i sistemi di sorveglianza e gli obiettivi fissati al sistema informativo pubblico, il risultato non sarà mai perfetto. È un’obiezione altrettanto superflua. È come dire che, siccome l’accordatura degli strumenti di un’orchestra non potrà mai essere perfetta, tanto vale suonare a caso.

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