L’Italia NON è una democrazia

Per dimostrare che le istituzioni nazionali non possono essere classificate come “democratiche”, è necessario definire il termine.

Prima di tutto, la “Democrazia” non è una forma istituzionale, né un’ideologia. Il significato del termine è inerente solo all’argomento “relazioni politiche”, ovvero le relazioni tra governanti e governati. La fattispecie “Democrazia” indica la soggezione dei governanti ai governati.

La teorizzazione è tipica di un approccio filosofico “contrattualista”: io Cittadino ti pago perché tu Autorità Pubblica faccia determinate cose. In altre parole, il famoso concetto “no taxation without representation” vale primariamente al contrario: no representation without taxation. In tutta la storia delle istituzioni democratiche è stato così (in Inghilterra, ad esempio, pur di non pagare le imposte al Re molti rifiutavano il cavalierato, che gli avrebbe permesso di partecipare al parlamento), fino all’istituzione fuorviante del “suffragio universale”. Se ci si pensa, l’autorizzazione a chi non contribuisce al gettito fiscale di controllarne l’impiego è effettivamente illogica, e tipicamente demagogica. Diverso sarebbe il caso di elezioni di organi di sorveglianza, come erano i tribuni della plebe o come è ora il Presidente della Repubblica francese.

In ogni caso, la definizione “governo dei cittadini” significa il loro controllo e sorveglianza su tutto il potere politico, senza limitazioni.

Di seguito, quindi, le ragioni per cui le istituzioni italiane furono definite “partitocratiche” anziché “democratiche” già prima dell’entrata in vigore della Costituzione ad opera di alcuni dei suoi elaboratori (On. Roberto Lucifero d’Aprigliano), concetto ribadito durante tutti gli anni ’50 dal noto costituzionalista Giuseppe Maranini, preside della più importante facoltà di Scienze Politiche nazionale, e successivamente ripetuto da vari politologi e costituzionalisti:

1) L’influenza sul solo potere legislativo, peraltro limitato alla scelta dei candidati proposti dalle segreterie dei partiti, ovvero alla scelta dei partiti esistenti, è un potere così limitato da non poter validare la classificazione come “democrazia”.

2) La difficoltà di presentazione di un referendum, il suo assoggettamento al vaglio di una corte composta indirettamente dai partiti politici anziché controllata direttamente dai cittadini (ad esmepio da un presidente eletto come in Francia), la necessità di un quorum del 50% per la sua validazione, la non cogenza del risultato sono elementi che rendono questo strumento sostanzialmente inutile. Infatti è stato praticamente abbandonato dai cittadini.

3) La mancanza di qualunque difesa del cittadino dai condizionamenti demagogici concessi dai canali ufficiali pubblici (basterebbe imporre la distinzione tra dati di fatto ed opinioni, il divieto di modalità enfatiche, e la massimizazione delle opinioni, non dei partiti) e l’abolizione del reato di plagio che limitava l’arbitrio nell’insegnamento scolastico sono elementi che pregiudicano di fatto la libertà di scelta del cittadino.

Approfondimenti e documentazione qui, qui, qui e qui. Ma anche qui.

Si potrebbe aggiungere che la scelta del suffragio universale aumenta il problema 3, ma per quanto evidente, l’universalità del suffragio è ora considerata così indiscutibile che i problemi che comporta meritano di essere trattati a parte (qui).

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. Mah

    1. Se si volesse sostenere, in favore della causa libertaria, la fallibilità di qualunque sistema istituzionale anche se democratico, ebbene l’ultimo esempio da scegliere sarebbe quello nazionale.
      Perché è un pessimo esempio, come spiegato sopra.

      La polemica tra libertarismo e liberalismo classico sul punto della democrazia è comunque inutile.
      Come sostiene Hayek, il termine stesso “democrazia” in un contesto liberalista (cioè di limitazione del potere politico alla difesa del diritto naturale) è inapprapriato.
      Da sostituirsi con il più moderato “demarchia”. Cioè gestione del potere politica, non imposizione del potere politico.

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