La fallibilità degli enti pubblici, ovvero la possibilità di richiedere ad un tribunale il loro fallimento contabile, è un fenomeno di cui in Italia non si immagina neanche l’esistenza.
Eppure, è uno di quegli strumenti istituzionali che indica il grado di vincolo o al contrario il grado di massimalismo delle istituzioni.
Se un’istituzione pubblica non può fallire, significa che può non pagare i cittadini a cui deve dei soldi. Ovvero, compiere un sopruso legalizzato, ergersi a vessatore ed a dittatore onnipotente.
Una società democratica e liberale non è quindi concepibile senza meccanismi di fallimento degli enti pubblici.
Come primo esempio di società illiberale e non democratica prendiamo come di consueto il nostro paese.
Quivi, gli enti pubblici non possono fallire. Sono noti e non si contano i soprusi che gli enti pubblici hanno commesso e commettono quotidianamente nei confronti dei creditori.
Ma questa prerogativa comporta anche un’altra conseguenza: più gli enti spendono, più ricevono. Si crea così il singolare fenomeno italiano della esigenza di spesa. A fine anno, ogni ente controlla il bilancio. Se si è speso meno dell’anno prima, tutti si mettono le mani nei capelli e cominciano a pensare cosa acquistare per aumentare la spesa. Non è una favola metropolitana. Poiché io sono stato brevemente dipendente di un ente para-pubblico, posso testimoniare che è esattamente così.
Al contrario, la fallibilità amministrativa è una cura efficace contro la cronica tendenza degli enti pubblici all’inefficienza ed all’elefantiasi. Esempi eclatanti si ritrovano in USA, dove tra le leggi sul fallimento degli enti pubblici spicca il Chapter 9, Title 11 dello United States Code, il quale regola la procedura di fallimento di paesi e città.
Tra gli esempi più noti, il fallimento della città di Detroit (riferimenti qui e qui)
Gli enti pubblici colpiti vengono commissariati, le funzioni ridotte al minimo indispensabile, i dipendenti licenziati e la dirigenza indagata. Regolarmente, al fallimento seguita rinascita civile ed economica. Altri esempi sono i fallimenti a catena delle città californiane, e la florida rinascita che ne è conseguita.
D’altronde, il fatto che gli enti pubblici tutti, compreso lo stato stesso, possano fallire fa parte filosoficamente dell’anima contrattualista del liberalismo. Tu, classe politica, vieni pagata per fare un certo lavoro. Non ci riesci? Il mercato ti fa fuori. Fallisci. E ripartiamo con un’altra.
Soluzioni preventive meno drastiche sono possibili nelle organizzazioni federaliste, in cui sussista il potere di sorveglianza sovraordinata (vedere in questa rubrica, sotto “Riforme E Riformabilità”, il post “I Poteri Politici”). Mediante questa, le amministrazioni e gli enti possono essere messi a confronto, evidenziando così le incongruenze e permettendo così la democratica richiesta di commissariamento dai cittadini stessi (vedere anche in questa rubrica il post “Il Federalismo”, sotto “Riforme e Riformabilità”).