Esistono due tipi fondamentali [1] di proprietà:
– la privata;
– la pubblica.
La proprietà privata è un diritto naturale perché derivante, come la libertà personale, dal diritto fondamentale che è quello alla alla vita, intesa sia come sopravvivenza che come autorealizzazione.
Essa è definita, da John Locke e da altri, come il frutto del lavoro dell’individuo.
Tale definizione permette di comprendere i limiti e l’interpretazione di alcuni casi particolari: la proprietà fondiaria (trattata qui), la proprietà ereditaria (un accenno sempre qui) e la proprietà intellettuale (qui).
La proprietà pubblica (approfondita qui) è impostabile come proprietà condivisa (singole proprietà condivise da differenti comunità) oppure come demanio (dal lat. dominium, proprietà del sovrano).
La prima è coerente con il liberalismo. La seconda, il suo opposto, è l’impostazione adottata dalle istituzioni italiane, che hanno mantenuto la tradizione monarchica.
Note a pié di pagina
[1] Non trattiamo, qui, i tipi considerati diritti secondari, come la nuda proprietà (normalmente limitata dal contratto di usufrutto), o derivati, come il legnatico (più simile ad una concessione, ereditabile ma non vendibile). Ma i principi non cambiano.