Di Franco Maria Aruetti.
Gaetano Mosca, professore di diritto pubblico, studioso di scienza politica e senatore del Regno d’Italia, fu il caposcuola di quella teoria filosofica che da lui è stata denominata dottrina della classe politica, nella quale individua una regola necessaria e sufficiente al ricambio delle classi politiche ed alla modifica dei sistemi istituzionali.
Mosca è un elitista, quindi sostiene che è sempre individuabile una classe politica che detiene ed esercita il potere (classe burocratica). Questo gruppo è però sempre in rapporto osmotico con un’altra altre, che aspirano al potere ma al contempo lo supporta e lo giustifica: la classe intellettuale, la quale per il proprio supporto riceve compromessi, concessioni e favori. Insomma prospera, e spesso è anche direttamente coinvolta nel potere politico.
La classe intellettuale supporta il consenso alle istituzioni tramite formule politiche [1], ovvero principi e slogan atte allo scopo.
La regola fondamentale proposta dalla “Teoria della classi politiche” di Mosca è che alla modifica della “formula politica” (cioè la cultura politica dominante il consenso) conseguono anche la modifica dell’organizzazione istituzionale e quella della composizione della classe politica.
In altre parole, può essere modificata la morale culturale – intesa come la valutazione di ciò che è considerabile giusto, cioè il diritto. Ma la applicazione di un nuovo diritto va necessariamente a modificare le modalità della sua difesa, cioè il sistema istituzionale con potere coercitivo. Parafrasando un capolavoro letterario: Diritto e Castigo vanno insieme.
Teniamo però presente che è vero anche il contrario: se non cessa il consenso alla “formula politica”, allora non è possibile una modifica istituzionale che parta dall’interno della società [2].
Esempio: le teocrazie basavano il loro consenso sul principio dell’origine divina del potere del monarca. Dio lo vuole. Chi si poteva opporre ad un ragionamento così? Bè, gli illuministi. Che convinsero il mondo. Ed il mondo cambiò. In un secolo, le teocrazie vennero spazzate via.
Prima conclusione: l’obiettivo. L’obiettivo primario non sarà quindi né la rivoluzione né l’elezione, bensì la supremazia intellettuale.
Corollario: lo strumento. il primo strumento per il cambiamento non sono quindi “i forconi”, né altre forme di violenza. Bensì la parola, lo scritto, la radio, ma soprattutto il mezzo televisivo [3] e l’attività in ambiente accademico.
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Ora, i problemi che si presentano sono in realtà due. Perché se è vero che è la leva culturale quella che sradica la “mala pianta” della formula politica truffaldina, è al contempo necessario proporne un’altra più convincente.
Altrimenti, la critica dell’esistente non darà esito, perché questo non verrà mai abbandonato in assenza di una prospettiva attraente. È ciò che succede oggi in questo paese. Tutti lo criticano, ma se le soluzioni proposte non convincono, o per lo meno in modo esauriente, allora ogni critica si perderà nel nulla.
Seconda conclusione: la modalità. Il nuovo pensiero da proporre, sia sotto il profilo giuridico che di architettura politica, deve includere anche una modalità.
Gli aspetti giuridici ed istituzionali sono già stati trattati in questo breviario nelle sezioni Dottrina e Deduzioni, sperando che siano un valido strumento di convincimento, soprattutto nelle discussioni sui social.
Questa parte è invece dedicata alle modalità di riforma. Non sembra facile… ma ci sono delle chiavi. E sono descritte qui:
– Riformare 2.5 milioni di articoli di legge.
– Logistica di una riforma istituzionale.
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Note a pié di pagina
[1] Mosca la definisce come “la dottrina o le credenze che danno una base morale al potere dei dirigenti“.[2]
[2] In altre parole, qualunque sistema politico si basa su di un consenso di fondo. Quando questo decade, ne consegue prima di tutto una modifica della “formula politica”, atta ad un nuovo consenso. Parallelamente, avverranno adeguamenti sia nella composizione dei gruppi intellettuali e burocratici che formano la classe politica, sia nella sua forma organizzativa.
[3] Nota: A questo fine (di visibilità) e non a vittoria elettive, può essere utile una partecipazione elettorale. Tenendo presente che a livello nazionale è quasi impossibile per questione di firme, ed a livello locale le questioni non riguardano il sistema giuridico né istituzionale, ma la gestione amministrativa ed urbanistica.