La guerra anglo-boera fu combattuta tra il 1899 ed il 1902 in Sud Africa tra i coloni olandesi (contadini, detti boeri) e l’esercito britannico. I primi, presenti da quasi duecento anni nella regione, si spostarono verso l’interno nella prima metà dell’Ottocento perché gli inglesi si insediarono attorno alla zona di Kaapstad (l’odierna Città del Capo). I motivi per cui gli inglesi cercarono di sottomettere gli olandesi erano due: da un lato avevano scoperto giacimenti d’oro e diamanti e dall’altro dovevano reagire alla concorrenza tedesca nel continente africano. Sull’esito del conflitto tra il piccolo popolo boero e il potente Impero britannico non potevano esserci dubbi, ciò nonostante questa guerra non fu una rapida e piacevole passeggiata per gli inglesi. La schiacciante superiorità dell’esercito della Regina Vittoria non riuscirà a impedire alcuni cocenti rovesci. Alcuni storici arrivarono a definire il Sudafrica come il “Vietnam” dell’Impero britannico. Nella sua crudeltà, questa guerra è stata la prima del XX secolo. Da parte inglese vengono impiegate tutte le principali risorse disponibili, dalla disinformazione agli armamenti più moderni. Alla guerriglia dei boeri, i britannici rispondono con il terrore diretto contro le popolazioni civili e le prime deportazioni di massa, anticipazione di quelle ben più celebri del nuovo secolo alle porte. L’episodio più disumano della guerra fu infatti la creazione di campi di concentramento per civili da parte dei britannici. La decisione di colpire la popolazione civile fu presa per fiaccare il morale dei combattenti boeri che in molte occasioni ebbero la meglio sui britannici. L’esercito inglese incendiò fattorie e raggruppò i loro abitanti, donne e bambini, .
Mentre le fattorie ed i villaggi vengono bruciati, le donne ed i bambini vengono deportati in campi detti di “riconcentrazione”, diventando ostaggi per poter costringere i combattenti a deporre le armi.
Nell’ottobre 1901 129 mila civili, in maggioranza donne e bambini, vennero rinchiusi in 58 campi nel Transvaal, nell’Orange e nel Natal. In questi luoghi regnavano malattie e malnutrizione: dissenteria, foruncolosi, polmoniti e bronchiti falciano i ragazzi a centinaia nell’indifferenza delle guardie. Le cifre non hanno bisogno di commento: 27.927 donne, ragazzi e soprattutto bambini morirono in questi luoghi orribili. Più che la supremazia militare, sarà il timore per un di un vero genocidio a costringerà i Boeri a deporre le armi il 31 maggio 1902. A sancire ufficialmente la fine della guerra sarebbe stato il trattato di Vereeniging, stipulato pochi giorni dopo; esso pose fine all’esistenza del Transvaal e dello Stato Libero dell’Orange come Repubbliche Boere, rendendole parte dell’Impero Britannico. Si stima che morirono 22.000 soldati britannici e 25.000 civili Boeri. Le conseguenze di questa guerra spietata furono catastrofiche per i boeri. Una generazione di ragazzi scomparve nei campi e la comunità boera mai si riprese da tale shock. L’annientamento delle fattorie e del loro bestiame distrusse le radici del loro specifico universo. Nel 1899, i boeri erano entrati in guerra per difendere la loro indipendenza politica e la loro identità culturale. Nel 1902, nel momento della capitolazione, essi avevano perduto la loro libertà e le proprie radici rurali. Migliaia di boeri partirono in direzione dei centri minerari e diventarono dei proletari. Essi avrebbero condotto una nuova lotta sotto forma di una violenta contestazione sociale, sostenuta dai sindacati. Questa lotta avrebbe avuto più tardi sbocco nelle leggi del Colour Bar che riservava gli impieghi specializzati ai soli “bianchi”, origine della futura apartheid.