16 SETTEMBRE 1976: Notte delle “matite spezzate”

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In piena notte, a Plata, in Argentina, gli sgherri della dittatura militare capeggiata dal generale Videla rapiscono Maria Clara, Claudia, Horacio, Panchito, Claudio e Daniel, studenti di età compresa tra i 16 e i 18 anni, appartenenti a gruppi studenteschi di sinistra. Solo un altro teen-ager di nome Pablo riesce a sfuggire ma viene arrestato alcuni giorni dopo e viene portato ad Arana, un centro di detenzione clandestino dove si trovano altri studenti; il giovane viene torturato e, durante una pausa, viene a sapere da un altro studente recluso che i poliziotti hanno definito l’operazione “la notte delle matite”, una massiccia azione contro gli studenti delle scuole superiori. I genitori dei ragazzi cercano di avere notizie in merito alla loro sorte presso le autorità ma sono costretti a scontrarsi contro un muro di omertà e nel frattempo Pablo viene trasferito in un altro centro di detenzione, non più di polizia ma militare, il “Pozo de Banfield”, dove sono rinchiusi, in celle singole, anche i suoi compagni; le condizioni di vita nel luogo che viene chiamato “deposito”, ossia un luogo dove vengono rinchiuse le persone di cui non è ancora stata decisa la sorte, sono terribili: i ragazzi vengono picchiati, Maria Clara viene ripetutamente violentata e non viene mostrato riguardo nemmeno per una ragazza incinta. Il 28 dicembre Pablo viene trasferito al P.E.N.,”Potere Esecutivo Nazionale”, l’organismo all’epoca delegato a comporre Corti giudicanti per i detenuti comuni e non per quelli politici, con la sola accusa di avere distribuito volantini, e gli viene promessa la scarcerazione in cambio del silenzio su quanto ha visto durante la reclusione; gli viene anche concesso, da una benevola guardia, di vedere Claudia per l’ultima volta prima di uscire. Pablo Diaz rimarrà in carcere per quattro anni senza processo, fino alla sua liberazione, avvenuta il 19 novembre 1980, mentre i suoi compagni di scuola: Maria Claudia Falcone, Horacio Ungaro, Claudio de Acha, Panchito Lopez Muntaner, Daniel Racero e Maria Clara Ciocchini, insieme ad altri 232 studenti arrestati nel medesimo periodo in tutto il paese, risultano tuttora desaparesidos.
L’operazione “notte delle matite” fa parte di quel programma criminale di repressione detto “guerra sporca” (Guerra Sucia) attuato in Argentina con lo scopo di eliminare qualunque forma di protesta e di dissidenza nel paese, organizzato e condotto, nel periodo intercorrente tra il 1976 ed il 1983, dalla Giunta militare argentina, comandata da Jorge Rafael Videla e dai suoi successori Viola, Galtieri, Bignone. Questo programma fu caratterizzato dalla massiccia violazione dei diritti umani e civili nei confronti della popolazione con l’utilizzo di metodi quali la privazione della libertà senza procedimenti giudiziari, la tortura, gli omicidi e le sparizioni; durante questo periodo, oltre alle migliaia di persone incarcerate, vi furono circa 2.300 omicidi politici e circa 30.000 persone scomparvero (desaparecidos), delle quali circa 9.000 accertate dalla Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas.
L’escalation della repressione portò, nei periodi successivi, a colpire non solo attivisti politici o dissidenti dichiarati del regime ma anche chi avesse semplicemente, anche in modo indiretto, simpatizzato per una qualsiasi associazione a carattere sociale, umanitaria o studentesca e di conseguenza a “scomparire” furono anche persone che di fatto non erano state coinvolte in alcun modo in attività contrarie al regime. Le vittime di questa ondata di morte furono riconosciute solo a seguito della dichiarazione di morte presunta, ottenuta dalle Madri di Plaza de Mayo nel 1983, che consentì, due anni dopo, l’apertura di procedimenti penali avverso gli appartenenti alla Giunta militare.
La Giunta militare argentina, traendo esperienza da quanto avvenuto in Cile, intese intraprendere la propria attività di repressione all’impronta della segretezza; tale intendimento si fondava su diversi ordini di ragioni: da un lato l’immagine che il paese doveva fornire all’estero, anche e soprattutto in previsione del campionato mondiale di calcio che si sarebbe svolto in Argentina due anni dopo, e dall’altro l’ondata di terrore che si sarebbe abbattuta sugli oppositori e sui dissidenti se nessuno fosse stato in grado di fornire notizie in merito alle persone arrestate o sequestrate. I sequestri dei sospetti avvenivano solitamente di notte ma non mancavano arresti durante il giorno, in particolare quelli attuati sulle persone sorvegliate che usavano spostarsi frequentemente, rendendo maggiormente difficile il loro reperimento durante le ore notturne; la procedura consisteva solitamente nel trasporto delle persone catturate in centri di detenzione clandestini, luoghi di cui è pervenuta notizia grazie al rapporto Nunca más, pubblicato nel 1984, a cui seguivano interrogatori, torture, lunghe detenzioni senza processo e, spesso, morte. In seguito alle sparizioni i parenti degli scomparsi non venivano informati della sorte dei loro congiunti e molto spesso, nei commissariati di polizia, essi non figuravano nemmeno come arrestati; questa procedura consentiva una larghissima libertà di azione in merito alla vita delle persone detenute.
L’impossibilità, dato l’estremo rigore della dittatura, non solo di ricevere notizie ma di creare un movimento che potesse portare all’apertura di inchieste indusse le madri e le parenti delle persone scomparse, convinte ormai della responsabilità della Giunta in merito alle sparizioni, a dare vita ad una protesta silenziosa: essa consisteva in una marcia, la più importante e conosciuta delle quali si svolgeva ogni giovedì sulla Plaza de Mayo a Buenos Aires, con l’immagine ed il nome del proprio congiunto su un fazzoletto bianco o su un cartello. Questa forma di protesta venne considerata pericolosa dalla Giunta ed anche nei confronti delle madri di Plaza de Mayo furono effettuate forme di repressione ed alcune delle fondatrici, Azucena Villaflor, Esther Ballestrino e Maria Ponce, furono sequestrate l‘8 ed il 10 dicembre 1977, rinchiuse all’ESMA ed uccise facendole precipitare in mare da uno dei voli della morte; si stima che il numero delle donne di Plaza de Mayo uccise sia di 720. La terribile dittatura argentina terminò solo in seguito al conflitto contro il Regno Unito per il possesso delle isole Malvinas, pensato allo scopo di risollevare il consenso popolare nei confronti della Giunta militare che, anche a causa di una pesante crisi economica, stava progressivamente diminuendo ma la sconfitta patita dall’Argentina in questa breve guerra (2 aprile-14 giugno 1982 con 632 vittime) indusse il generale Galtieri a presentare il 18 giugno le proprie dimissioni. Il suo posto fu preso il 1 luglio 1982 dal generale Reynaldo Bignone, il quale, a fronte di sempre crescenti opposizioni, anche in campo internazionale, alla dittatura militare fu costretto, il 10 dicembre 1983 ad indire libere elezioni, dalle quali uscì eletto il radicale Raul Alfonsin, ponendo fine alla dittatura durata sette drammatici anni. Nella foto una manifestazione sulla Plaza de Mayo

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